Titolo originale: Annette
Regia: Leos Carax
Anno: 2021
Produzione: Francia, Messico, Stati Uniti d’America, Svizzera, Belgio, Giappone, Germania
una recensione a cura di Tiziana Garneri
Leos Carax, classe 1960, è figlio d’arte. il suo vero nome è Christophe Alex Dupont. Carax è l’anagramma di Alex e Oscar. Respira aria di cinema sin dall’infanzia, la madre critica cinematografica. Intrattiene per un certo periodo rapporti con il mondo dei Cahiers du Cinema.
Oltre a un certo numero di corti, gira lungometraggi, da Rosso sangue (1996) a Gli amanti del Pont-Neuf (1991) a Pola X (1999).
Collabora anche con Bong Joon-ho e Michel Gondry in Merde, un episodio di Tokyo! (2008). Ma viene mondialmente acclamato con lo splendido Holy Motors (2008), che lo introduce nell’olimpo dei registi più originali e innovativi.
E ora nel 2021 esce, con Annette, il suo primo film girato in inglese e con due attori di gran talento quali Marion Cotillard e Adam Driver, accompagnato dalla colonna sonora degli Sparks, aggiudicandosi a Cannes, meritatamente, il premio come miglior regia.
Si riconferma regista estroso, fuori dagli schemi, creando un musical atipico, spaziando dal rock alla musica d’opera, dove la musica e la parola hanno la stessa valenza.
Del resto per lui la musica è fondamentale, il suo cinema debutta negli anni ‘80 con MTV.
La musica è talmente importante che il film si apre con la figura dello stesso Carax ripreso in sala di registrazione ove si sta registrando So May We Start degli Sparks, metafora della paura che gli artisti hanno prima di entrare sul palcoscenico.
Infatti la Cotillard impersona Ann, famosa interprete d’opera, mentre Driver è nei panni di Henry (The Ape of God), scorretto, dissacratore e irriverente cabarettista.
Sono agli antipodi, un Giano bifronte: lo spirito dionisiaco e l’apollineo. Lei è luce e costruttiva, lui tenebre e distruttività.
Legati da un grande amore, o meglio innamorati dell’immagine del loro amore, immortalato da Carax nella stupenda immagine di una potente moto che sfreccia nella notte a tutta velocità, con i protagonisti avvinghiati uno all’altra.
Ma quando il pubblico volterà le spalle a Henry, per aver messo in scena l’omicidio della moglie soltanto – e solo per il fatto di ipotizzarlo -, e la sua fama scemerà, la ferita narcisistica sarà insopportabile.
Se è vero che le piattaforme tolgono forza al Cinema con la C maiuscola, si ha l’impressione che Carax nella sua impietosa critica allo star system e al business ad esso legato, ci inviti a lasciarci andare alla visione di questo musical/non musical, fatto di parole e musica, respirando l’atmosfera che da esso emana.
Attraverso cambi repentini di registro, eloquenti riferimenti alle favole o ai personaggi del melodramma, viene messa in scena la morte degli artisti divorati dal loro ego.
Dalla storia dei protagonisti nasce Annette, bambolotto inquietante dalle doti canore straordinarie, che porta sulla fronte una cicatrice come Harry Potter, segno del narcisismo dei suoi genitori. Annette viene esibita dal padre come fenomeno da baraccone, senza pudore, come fonte di lucro…
Si trasformerà in una sorta di nemesi, la vendicatrice della morte materna… E quando, come nella favola di Pinocchio, da burattino si trasformerà in una bambina in carne ed ossa, rifiuterà completamente il padre incapace di amore.
A mio modesto parere, Carax si riconferma regista di tutto rispetto, sia per i temi sia per l’uso della telecamera. Ad esempio, nella scena in cui il direttore d’orchestra canta il suo pezzo, la telecamera gli gira intorno vorticosamente, in modo assai originale. Oppure quando un Harry ginnico e dinoccolato, in un piano sequenza di vari minuti, provoca il pubblico simulando la morte della moglie. Ma è un’idea di messinscena geniale anche il fatto di partorire un bambolotto con le giunture ben in evidenza. Oppure l’idea di iniziare il film con Carax stesso in sala di registrazione. Del resto la storia nasce come album degli Sparks, portato al cinema in forma di musical. Come già in Holy Motors, a cui questo film è forse superiore in bellezza, ci si rivolge sempre alla società dello spettacolo, attraverso un caleidoscopico tourbillon di immagini, mai perdendo l’occasione di affilare una tagliente critica. Con il suo stile inconfondibile, che ogni volta ci regala, Carax ci fa riflettere e sognare.