associazione di promozione sociale

AS BESTAS | Machismo vs Radical Chic

Regia: Rodrigo Sorogoyen

Anno: 2022

Produzione: Spagna, Francia

una recensione a cura di Liliana Giustetto

Le bestie sono quelle che vengono domate o chi le doma? E quanti metodi ci sono per domare un cavallo?
Sicuramente due.
Quello tipico, che usufruisce di lazzi e fruste e quello più “sensoriale”, utilizzato dagli aloitadores durante la Rapa das bestas, in Galizia, in cui, due o tre uomini, a mani nude, placcano un cavallo, fino a farlo cadere a terra e lo tengono immobilizzato finché il cavallo capisce che non può vincere, che deve ammettere la sconfitta e cedere la sua libertà e la sua criniera, che viene tagliata.

Tratto da una storia vera e molto simile, ci viene narrato di due coniugi francesi di città, Antoine (Denis Ménochet) e Olga (Marina Foïs), [bravissimi] colti e benestanti che, lasciando tutto, decidono di trasferirsi in una remota, cupa, valle montana della Galizia, a coltivare verdure biologiche e restaurare, a proprie spese ed energie, le case diroccate, nella speranza che la valle torni ad essere abitata. Fin qui tutto bene. Ma ovviamente sarebbe troppo facile.

In un complesso gioco, quasi come il domino giocato alla taverna, si incontrano tutti i tipi di reticenze, campanilismo e ogni altro -ismo possibile.
Il nemico recepito già è odiato per il fatto di essere francese e quindi portatore di tutto il disprezzo di stampo napoleonico, in più si insedia nelle terre natie, non per diritto di nascita ma per mezzo del denaro guadagnato altrove e diventa anche la causa dell’allontanamento della fortuna sperata.
D’altro campo, l’intruso ha un potere unico come chi possiede il tassello di chiusura nel domino.

Tra le poche famiglie abitanti la valle quasi disabitata, i vicini di casa dei francesi, proprio adiacenti, sono una madre vedova con i due figl: Xan e Lorenzo interpretati da Luis Zahera e Diego Anido, [bravissimi pure loro]. Due bovari, uno sveglio e feroce, l’altro tonto e violento.

Come quasi tutti i possessori di terreni in zona, stanno per firmare un accordo con un’azienda che piazzerebbe pale eoliche sui loro territori in cambio di poche migliaia di euro.
Disgraziatamente Antoine, con il suo voto contrario, blocca tutto il progetto e fa saltare i sogni dei fratelli di lasciare quella vita grama.

Qui inizia il percorso in discesa.

Ma chi sono le bestie del titolo?

I fratelli inquietanti, uno con lo sguardo bieco e vacuo e l’altro con la lingua tagliente e sibilante?
Con la bottiglia sempre in mano e la battuta offensiva pronta?

Oppure chi, con la propria arroganza da cittadino convertito alla vita bucolica, utilizza, a proprio favore, la superiorità intellettuale per primeggiare su una minoranza che aveva ben diritto di godere, dopo generazioni di stenti, di un guadagno misero ma gratuito, non ottenuto col sudore, che avrebbe permesso di trascorrere almeno qualche anno nella “civiltà”?
Oppure ancora, siamo noi, che guardiamo e tifiamo, elargendo giudizi, senza il rischio di perderci nulla?

È veramente difficile stabilire dove stia la ragione. Perché è ovvio che il torto sta dalla parte di chi usa la violenza. Chi ragiona e spiega è difficile da vincere.
Ma c’è un torto anche in chi non valuta le vite altrui, perché crede di poter pensare per tutti.
Forse solo il finale ci riporta ad una conclusione più classica e liberatoria in un cinema che è pura sociologia, se non antropologia.

E non facciamoci ingannare da quanto Olga dice alla madre vedova, alla fine. Anche quella è condiscendenza. Anche quello è usare il potere intellettuale.

Fatevi del bene, seguite i registi spagnoli emergenti.
E soprattutto, diffidate delle offerte: – una casa ad un Euro –

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