ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

BLACK PHONE | Il terrore corre sul filo

Regia: Scott Derrickson

Anno: 2021

Produzione: Stati Uniti d’America

una recensione a cura di Elena Pacca
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Ragazzini che scompaiono, la periferia suburbana dell’america di fine anni ’70. Le biciclette per pedalare impavidi e sentirsi liberi, la distribuzione dei giornali lungo strade uguali di case uguali dove crescere spesso non è facile. L’atmosfera kinghiana regala un immaginario che colloca immediatamente Black Phone sulla scia di quel tipo di horror metafisico che trova nella naturalezza del sovrannaturale il suo elemento fondante. Un uomo, “Rapace”, che come nei giochi di prestigio che allestisce fa sparire i bambini con un furgone nero e altrettanto neri palloncini.

Ethan Hawke si cela dietro un corredo di maschere intercambiabili che ne nascondono totalmente o parzialmente il volto modificandone l’espressione e rendendo questa caratterizzazione inquietante quel tanto che basta. Di King in King (il racconto da cui è tratto il film è del figlio del grande Stephen) il percorso narrativo tiene botta con la giusta suspance, e quel telefono a parete, apparentemente scollegato, che prima infastidisce, poi incute paura diventa infine strumento di indizi di salvezza e dunque autentico filo di speranza per poter uscire. Si fa tramite della voce dei ragazzini scomparsi prima di Finney, il nostro protagonista, insieme alla sorellina Gwen, dotata della capacità di vedere cose, situazioni e luoghi reali nei suoi sogni. Il sotto dove si annida il male è in costante rapporto dialettico con il sopra dove si cerca di debellare il male. E salire le scale, per varcare finalmente quel piano di separazione non sempre rappresenta la via alla salvezza. Anzi. 

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