Regia: Lukas Dhont
Anno: 2022
Produzione: Belgio, Francia, Paesi Bassi
una recensione a cura di Elena Pacca
The first picture of you
The first picture of summer
Seeing the flowers scream their joy
The Lotus Eaters
Inondati dai fiori, dai colori sgargianti che pare di sentirne il profumo.
Inondati dagli sguardi, un profluvio di occhi guardinghi, attenti, trepidanti.
L’amicizia, specie quando si è giovani, è qualcosa di sacro. Qualcosa da difendere contro tutto e tutti. Qualcosa per cui vale la pena lottare. La fine di un’amicizia è spiazzante. A tredici anni l’amicizia è una lunga teoria di rituali, di abitudini consolidate, la strada assieme in bicicletta, le corse nei campi, dormire a casa dell’amico del cuore, la quasi condivisione di un genitore acquisito.
Il venir meno di tutto questo è un mondo di certezze che improvvisamente crolla come uno stupido castello di carte. Forse è presto per chiamarlo amore, ma forse è troppo tardi per negarlo, irriderlo, ignorarlo. Ed è il cambio di prospettiva, il non detto, carico di sguardi eloquenti, che non regge il confronto con quello che gli altri pensano. E’ il cambio di prospettiva che allontana – rimarcando le distanze da quel titolo – Close – che ben rappresenta invece il viversi addosso, sino all’insinuarsi del dubbio che oltre all’amicizia ci sia qualcos’altro. Drammatico, intenso e delicato, capace di tenere il ritmo su una storia minima e gigantesca. Il suicidio non è voler morire, ma voler cessare la sofferenza di quel vivere. La morte volontaria di un adolescente ci trova arresi. Incapaci di veicolare un pensiero razionale che riavvolga il nastro sino al punto di un possibile ritorno, di un margine di salvezza. Nonostante le buone intenzioni. Nonostante famiglie accoglienti, nonostante la scuola, gli insegnanti, la vita apparentemente lieve di ragazzini nel fiore degli anni migliori colmi di spensieratezza e gioia. E altrettanto incommensurabile e irreversibile dolore.