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E LA FESTA CONTINUA! | Amore è politica

Titolo originale: Et la fête continue!

Regia: Robert Guédiguian

Anno: 2023

Produzione: Francia

una recensione a cura di Chiara Lepschy e Giuseppe Minerva

È in sala in questi giorni E la festa continua! del regista francese Robert Guédiguian, che si colloca a pieno titolo nel filone di quel cinema d’autore che volge il proprio sguardo alla politica e al sociale e a cui appartengono cineasti molto diversi fra loro quali, ad esempio, Ken Loach e i fratelli Dardenne.

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Guédiguian, la cui famiglia giunse in Francia all’inizio del XX secolo dopo il genocidio degli Armeni sotto il dominio ottomano, colloca gli eventi del film a Marsiglia – sua città natale – già scenario in passato di altri lavori in cui le classi umili e soprattutto i portuali – la “povera gente” di Victor Hugo a cui fa spesso riferimento il regista – sono protagonisti.

Le vicende narrate si ispirano a un reale fatto di cronaca, il crollo di alcuni edifici fatiscenti in un quartiere della città vecchia, dove i proprietari lucrano lauti guadagni alle spalle di inquilini spesso indigenti senza garantire alcuna manutenzione degli stabili, la cui totale inabitabilità è oggetto di proteste inascoltate da parte della popolazione. Ma i morti provocati dai crolli non possono essere dimenticati, né dai movimenti di semplici cittadini, né dalla politica di sinistra, specie alla vigilia delle elezioni. E tantomeno dal regista, che a essi dedica il film.

Protagonista della storia è Rosa (Ariane Ascaride, musa e moglie di Guédiguian), capo infermiera in un ospedale della città e appassionata da sempre della politica “dal basso”. La sua speranza in vista della presentazione delle liste elettorali, è portare la “pace” nel fronte della sinistra, dove le componenti comunista, socialista, ecologista e progressista faticano – come sempre e nonostante la drammaticità degli eventi vissuti nel quartiere di Rosa – a trovare un accordo e presentarsi unite alle elezioni. A dividerle è la difficile scelta del candidato da presentare come capolista dello schieramento, una coalizione che rischia di naufragare ancor prima di nascere, con grande rabbia e delusione di Rosa.

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Le vicende sociali e politiche della Marsiglia dei quartieri poveri – narrata con stile sobrio senza indulgere in eccessive drammatizzazioni ma senza trascurare nulla – si intreccia con le vicende famigliari della protagonista, di suo fratello Tonio (Gérard Meylan) e dei figli Minas e Sarkis (Robinson Stévenin) che sogna il matrimonio con Alice (Lola Naymark), anch’essa impegnata nel sociale – come insegnante di canto e recitazione – proprio a supporto di coloro che hanno perso la casa nei crolli. Intorno a loro si muovono altri personaggi, molti dei quali fanno parte della famiglia di Rosa. E, soprattutto, Henri (Jean-Pierre Darroussin, attore feticcio del regista insieme allo stesso Gérard Meylan e ad Ariane Ascaride), padre di Alice e ben presto fidanzato di Rosa, un amore della tarda maturità che conferisce alla storia un tono romantico parallelo e complementare a quello di Alice e Sarkis.

Robert Guédiguian confeziona un film-commedia di denuncia sociale in onore delle vittime dei crolli di Marsiglia. Il risultato è un’opera profondamente vicina agli ultimi che si intreccia con le vicende personali della famiglia di Rosa, di origine armena. In particolare, il tema delle origini è sviluppato principalmente nel personaggio di Sarkis che pur essendosi laureato in medicina, ha rinunciato alla professione per gestire il bar di famiglia “La Nouvelle Arménie” e continuare a garantire la presenza di uno spazio culturale. La questione armena, infatti, è sviluppata nel film non tanto in ottica nazionale/nazionalista ma di sopravvivenza della cultura d’origine ed è, quindi, ben integrata nel contesto multiculturale messo in luce per Marsiglia. Senza scadere in un eccessivo romanticismo o nel melò anche quando sarebbe possibile (Alice non può avere figli e non riesce a confessarlo al futuro marito, conoscendo il suo desiderio di avere figli), il regista e il co-sceneggiatore Serge Valletti danno vita a una storia “politica” dalla quale traspaiono tutti i problemi che la sinistra vive oggi in Francia e nel resto di quell’Europa che ne ha visto la nascita e l’evoluzione: litigiosità, divisioni, incapacità di interpretare il contesto e perdita (a volte solo presunta, chissà se per errore o per scelta) delle classi sociali di riferimento. Il regista affronta queste tematiche – e il loro intrecciarsi con la vita di Rosa, che finisce con il candidarsi per le elezioni – con un tocco lieve e poetico che, da un lato, esprime vicinanza alle classi umili e ai loro problemi quotidiani e, dall’altro lato, lo rende – nonostante tutto – decisamente più ottimista dei già citati fratelli Dardenne, la cui narrazione spesso dura e senza speranza è quanto di più lontano si possa immaginare dal tono di E la festa continua!. La medesima distanza vale per il Ken Loach di Io, Daniel Blake (2016) e Sorry We Missed You (2019), mentre si possono forse trovare dei punti di contatto con l’ultimo film del maestro inglese – The Old Oak (2023) – pur nella diversità delle scelte stilistiche.

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