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FOLLOWING | Nolan Begins

Regia: Christopher Nolan
Anno: 1988
Produzione: Regno Unito

una recensione a cura di Elena Pacca

Everybody has a box
“Una scatola è come un diario; la nascondono ma vogliono che sia trovata.
Nascondere, trovare: due facce della stessa medaglia”.

[Following]

Spietato, chirurgico, immersivo. Un esordio folgorante e sfolgorante, nonostante la pacatezza di quel bianco e nero, morbido, senza asperità, scevro da contrasti cromatici in eccesso. Da subito irrompiamo in una galleria degli specchi che deforma, allunga e contrae i tempi del racconto, le apparenze e i trabocchetti, ciò che crediamo di aver capito e le certezze che si sgretolano nella scena successiva, che nemmeno sappiamo se successiva lo sia veramente, cronologicamente parlando. Un altro (il primo) gioco di prestigio a cui ora siamo abituati a subire da Nolan ma che, allora, era indubbiamente più spiazzante, dirompente nel suo meccanismo da orologio di precisione in cui lo spettatore è messo dietro al monocolo di ingrandimento, in prima fila per osservare le meccaniche che muovono l’ingranaggio filmico ma da cui siamo, come da un abile manipolatore, distratti, portati a volgere lo sguardo altrove e, dunque, a perderci l’essenziale che forse ci consentirebbe di capire, prima dell’epilogo, la rivelazione finale di chi si è preso gioco di noi, ma con tale maestria che la nostra faccia esprime stupore, ammirazione e divertimento, incuranti delle sorti di chi è stato sopraffatto dal trucco e dall’inganno.

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Una partita a scacchi, come il bianco e nero suggerisce, già programmata che ci illude di aver il vantaggio dell’apertura ma, invece, ci priva del libero arbitrio, della capacità di scegliere la prossima mossa. Due giocatori, noi, il pubblico e i personaggi. Apparentemente giochiamo lo stesso gioco e sullo stesso campo, ma l’infinita variabile delle mosse ci spiazza continuamente, interrompendo la nostra linea strategica, la nostra visione e comprensione degli eventi. Eppure il giovane uomo, Bill, la bionda, lo stempiato e Cobb, si muovono secondo i canoni che noi spettatori pensiamo debbano avere secondo il proprio ruolo come i pezzi degli scacchi. E invece. Invece nessuno gioca la stessa partita. Nessuno si muove come dovrebbe e noi riarrotoliamo il filo di Arianna tentando di uscire dal labirinto esistenziale e prospettico in cui ci siamo persi, e quel filo è la pellicola che ci porta attraverso una molteplicità di linee temporali asincrone che noi a volte riusciamo a individuare attraverso un taglio di capelli, un borsone o delle tumefazioni al volto.

Bill, che tenta di essere uno scrittore, ha un’ossessione, seguire le persone. Si pone delle regole. Smettere quando individua la loro abitazione, oppure mai le donne di sera in un vicolo buio, per non spaventarle. Poi le infrange e questa è la tessera del domino che innesca il movimento inerziale impossibile da arrestarsi sino alla conclusione, all’ultimo tassello della trama. Cobb, uno dei seguìti si accorge di esserlo e ribalta il gioco: rivela di sapere che Bill lo sta seguendo e inizia la storia di piccoli furti che l’uomo compie in vari appartamenti e di cui da ora ha un complice. È a tutti gli effetti un noir, un neo-noir di impianto classico. Gli antagonisti, i comprimari, la femme fatale, gli ambienti equivoci, torbidi, il villain di turno, la polizia.

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L’agiografia a posteriori ci dice del bassissimo budget, delle riprese nei weekend a luce diurna, del compenso zero alla crew, dei mancati permessi – nel senso di manco richiesti – per girare attraverso Londra e certe location dismesse, mentre la sua visione ci dice di un’idea di cinema che era già ben delineata sin dagli albori, con un pensiero netto sulla focalizzazione di alcuni elementi, apparentemente accessori ma fondamentali, pietre angolari della sua filmografia. Dalla trottola di Inception, all’orologio di Interstellar alla scatola dei ricordi di Following.

“Tutti hanno una scatola” in cui depositiamo, come in una capsula del tempo, fotografie, piccoli oggetti, biglietti, scontrini. “Quando sottrai gli mostri ciò che avevano”, dice Cobb. Tempo e spazio si dividono equamente l’unità filmica. Del tempo destrutturato (come in campo gastronomico non sempre la destrutturazione – più moda che sostanza – produce risultati positivi, ma Nolan controlla abilmente la materia e la ricompone nel migliore dei modi possibile) abbiamo già detto. Dello spazio inteso come luogo fisico, intimo, che viene in qualche modo violato e persino abitato, avremo tanti illustri esempi a seguire, da Ferro 3 a Bed Time, a Parasite. Anche qui lo spazio domestico altrui diventa il territorio da esplorare e in qualche modo profanare, irridendo la sacralità di un ambiente in cui non tutto deve essere condiviso con il prossimo sconosciuto. Un’ossessione morbosa che travalica la motivazione del furto, che risulta quasi irrilevante e diventa un’intromissione nell’animo umano, caratterizzato anche dagli oggetti che possiede, dall’arredo e da ciò di cui si circonda.

Il cinema di Nolan si rivela da subito un cinema di idee. E in un epoca in cui le idee come le opinioni quali che siano godono di un diritto di cittadinanza senza limiti, le idee di Nolan, alla faccia di tanti detrattori, sono idee forti, scardinano con la potenza di una costruzione architettonica meticolosa e ardita le convenzioni di un quieto vedere, e la freddezza apparente è solo un ordine formale che, al pari di quello ionico per i capitelli, rende sostanza, bellezza e perfezione a un pezzo di marmo.

Nell’attesa di farci stupire dalle oltre tre ore di Oppenheimer ci godiamo i 69 minuti, mirabilmente occupati, conclusi, esaustivi e calibrati entro i quali si sviluppa Following. Da allora – o quanto meno dall’uscita di Memento – non abbiamo più smesso di seguirlo, pedinandolo, entrando e uscendo dal suo universo come attraverso portali di case/mondi da scoprire, indagare, lasciarsi trasportare, interpretare, capire ma non sempre. E, forse, (anche) lì sta il bello.

[Come in un’incisione rupestre in cui cogliamo un oggetto del futuro, fantasticando su alieni o strani sortilegi, qui compare sulla porta di casa del protagonista un adesivo con il logo di Batman: premonizione o ennesima magia di Nolan?]
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