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GLI ORSI NON ESISTONO | Lettera da una clausura a cielo aperto

Titolo originale: Khers nist

Regia: Jafar Panahi

Anno: 2022

Produzione: Iran

una recensione a cura di Chiara Lepschy e Giuseppe Minerva

Gli orsi non esistono, insignito del Premio speciale della giuria alla 79esima mostra cinematografica di Venezia, rappresenta una nuova tappa del percorso artistico del pluripremiato cineasta iraniano Jafar Panahi e del suo confronto (scontro) con la teocrazia degli Ayatollah. Arrestato e condannato a sei anni di prigione nel 2010, è stato nuovamente arrestato nel luglio di quest’anno, due mesi prima della presentazione del suo ultimo lavoro a Venezia.

Il film tratta due dei più importanti temi già presenti nelle precedenti opere del regista, spesso caratterizzate da una forte componente autobiografica. Da un lato, quindi, si ha l’inequivocabile discorso (e valore) politico dell’opera – seppur trattato con lo stile di un autore che fa emergere il proprio messaggio dalla semplice rappresentazione della realtà – mentre dall’altro lato si ha la riflessione sul cinema e, soprattutto, sul rapporto fra realtà e finzione nell’opera cinematografica.

Gli orsi non esistono locandina beppe e chiara

La storia narra, con tocco quasi poetico, la vicenda di un regista – impersonato dallo stesso Panahi, in tutto e per tutto una rappresentazione di sé medesimo – costretto a sovrintendere le riprese del proprio film da remoto, grazie ad una traballante connessione internet. Gli attori e il resto della troupe si trovano in Turchia, presso il cui confine – dal lato iraniano, per ovvie ragioni – si trova anche il regista, che fa base in un piccolo paese rurale. La sua permanenza in quella zona è occasione forzata non solo di partecipare, seppur a distanza, alla nascita e all’evoluzione della sua nuova opera cinematografica, ma anche di entrare in contatto con una realtà davvero liminale, sia dal punto di vista geografico, sia sotto il profilo sociale e psicologico, come scoprirà a sue spese. Apprenderà come tradizioni arcaiche e regole di convivenza basate sulla cultura del “clan”, costituiscano ancora il quadro di riferimento in cui si svolge la vita degli abitanti del paese.

Gli orsi non esistono img 1 beppe e chiara

Che accolgono con sincera amicizia il regista – che non a caso chiede ad uno di loro di riprendere per lui scene improvvisate e quasi naturalistiche – ma che sono oltremodo infastiditi dalla sua attività di documentatore fotografico, alla quale attribuiscono la possibile ripresa di una faida fra due famiglie. E ciò a causa dell’involontario scatto di una fotografia in cui compaiono due potenziali amanti alla vigilia del di lei matrimonio, combinato da anni a fini di pacificazione dei due clan famigliari.

Ed è proprio in questo fondamentale passaggio che il film esprime la sua doppia valenza politica: quella della condizione personale del regista – impossibilitato ad uscire dall’Iran a causa dei problemi con il governo di Teheran e forse tentato dalla fuga notturna verso la vicina Turchia, non esplicitata in modo chiaro ma certamente possibile – e quella del contatto/confronto con una realtà rurale molto diversa da quella delle grandi città e in cui le millenarie regole arcaiche di convivenza sono ben lontane da una qualche ipotetica eventualità di riscatto o evoluzione.

Alla chiara finalità politica, il film affianca – come già accennato – una riflessione sul rapporto fra realtà e finzione. E ciò non solo per il fatto che il regista è al contempo l’autore dell’opera e colui che dà corpo e vita al protagonista della vicenda – non a caso raccontato come regista a sua volta – ma anche e soprattutto per la seconda vicenda sentimentale narrata, quella fra i due attori che sono in attesa – sia nella finzione cinematografica che nella realtà – di lasciare l’Iran con documenti falsi. E che, come il regista, rinunceranno a farlo, poiché Zara (Mina Khosravani) non può accettare di abbandonare la propria storia e il proprio compagno in patria per fuggire da un paese e da uno stile di vita ritenuto, ormai, non più tollerabile (si noti il “parallelismo” geografico fra le due storie d’amore, raccontate – al di qua e al di là del confine – in modo differente ma con analoghi problemi). In tale contesto, lo stretto intreccio fra il tema politico e la dicotomia realtà/finzione raggiunge il suo vertice narrativo.

Per concludere, una breve nota di carattere “visivo” sul (bellissimo) film. Il messaggio politico, sociale e psicologico è nobilitato da immagini e inquadrature dai colori e dalla luce davvero molto belli – forse fin troppo vicini ad un gusto estetizzante quasi da presepe – pur rimarcando in ogni “vista”, sempre e senza sconti, la povertà materiale e l’arretratezza culturale in cui l’Iran – un Iran di confine in questo particolare caso – si trova ancora a vivere.

Gli orsi non esistono img 2 beppe e chiara
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