[TFF41] GRACE | Alla ricerca di sé in un mondo allo sbando

Il film è un autentico road movie russo in cui un padre e una figlia adolescente affrontano un lungo viaggio su uno sgangherato furgone adibito a mini-camper e “ufficio”. Al suo interno, infatti, oltre a scorrere la vita della piccola famiglia si svolgono le piccole attività lavorative grazie alle quali i due riescono a sopravvivere muovendosi fra alcune delle repubbliche che compongono la Federazione Russa.

Ciò a cui assistiamo è il lento dispiegarsi di lande cadenti, i cui meravigliosi paesaggi naturali fatti di profondi orizzonti e steppe immense stridono con un’umanità affranta e imbarbarita dalla condizioni di povertà e dalla decadenza del contesto: case, industrie e infrastrutture sono dominate, infatti, da ruggine e calcinacci, come dieci anni fa descrisse Svjatlana Aleksievič nel suo Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo.

Il lungo peregrinare fra luoghi non identificabili – la zona del Caucaso, le steppe turcofone e un non ben precisato mare a nord che non è chiaro se si tratti del nord del Mar Caspio, o addirittura del Mar Baltico o del Mare di Barents – è anche un viaggio verso l’età adulta della giovane ragazza di cui – come per il padre e per le terre attraversate – non conosciamo il nome. Un viaggio fatto per ragioni ignote e durante il quale apprendiamo che la madre è morta. L’arrivo al mare, tanto desiderato dalla giovane, sarà forse l’occasione per chiudere un capitolo della vita famigliare, anche se tutto sembra rimanere come sospeso.

Un film fatto soprattutto di silenzi e spazi immensi esaltati da una bella fotografia, ma l’esilità della trama e dell’indagine psicologica dei personaggi – sommata ad un uso troppo insistito di carrellate a 180° del paesaggio e del lento zoomare sul soggetto/oggetto inquadrato – non permette di ottenere un risultato del tutto soddisfacente.