ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

HOUSE OF GUCCI | Non spegnete i riflettori

Regia: Ridley Scott

Anno: 2021

Produzione: Stati Uniti d’America, Italia

una recensione a cura di Alessandro Sapelli

Come interpretare l’ultimo lavoro di Ridley Scott, questo House of Gucci liberissima rilettura dell’ascesa e della successiva caduta della famiglia toscana creatrice dell’omonimo brand di moda? È un melodramma a tinte pop sull’ambizione sfrenata e sulla sete di potere oppure un feroce affresco satirico su ricchezza e stupidità?
Sfortunatamente sembra più assumere le fattezze indefinite e sghembe di un modello disegnato da Paolo Gucci, il brutto anatroccolo di famiglia, qui interpretato da un Jared Leto esageratamente sopra le righe, oltre i limiti della caricatura fumettistica.

Il regista britannico non sembra infatti minimamente preoccuparsi della verosimiglianza degli eventi raccontati (spesso reinterpretati o stravolti), men che meno dell’evoluzione di personaggi tagliati con l’accetta. L’intera vicenda, centrata sul personaggio di Patrizia Reggiani e sul suo ruolo di innesco delle dinamiche autodistruttive dei Gucci, è improntata in nome di un’unica cifra stilistica: quella dell’eccesso sfrenato. L’esagerazione continua, portata avanti con cocciuta coerenza dal primo all’ultimo minuto della pellicola, non può essere un caso: è una scelta precisa, che finisce però per disorientare anche lo spettatore più volenteroso.

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Ci troviamo infatti di fronte ad un’opera lacunosa sotto molti aspetti, in primis quello della sceneggiatura. L’evolversi della vicenda procede in maniera meccanica, risultando estremamente prevedibile, e le trasformazioni dei protagonisti sono così repentine ed ingiustificate da sfociare spesso nel ridicolo. Le evoluzioni da montagne russe dei personaggi di Maurizio Gucci (Adam Driver) e della Reggiani (Lady Gaga) risultano talmente forzate da perdere del tutto credibilità agli occhi dello spettatore. Inutile infine aspettarsi i dettagli doviziosamente riportati nel romanzo di Sara Gay Forden: tutti i fatti vengono ricostruiti in maniera approssimativa, con evidenti incongruenze.

Anche dal punto di vista registico viene voglia di alzare bandiera bianca: la mano di Scott è impalpabile, e la totale mancanza di direzione degli attori lascia allibiti.
Inutile mettere insieme un cast estremamente interessante, tra vecchie glorie e giovani talenti, per poi lasciarlo recitare completamente a briglia sciolta.
Si passa senza soluzione di continuità dall’overacting di Lady Gaga e di Jared Leto alla reinterpretazione in chiave gangsteristica di Aldo Gucci da parte di Al Pacino, per finire con l’approccio più sobrio e compassato di Adam Driver e di Jeremy Irons. Si ha quasi l’impressione che il regista britannico abbia deciso di mettere in scena la sua personalissima sfilata di moda, lasciando i suoi modelli liberi di improvvisare e stupire in passerella.

Quel che rimane alla fine della visione è l’amaro in bocca per una produzione che aveva tutte le premesse per essere vincente e si è rivelata all’atto pratico fallimentare sotto molti punti di vista. Un’operazione senza cuore né anima, incapace di prendere una direzione precisa e bloccata in mezzo al guado tra dramma e commedia, tra toni da soap opera e farsa grottesca.
Quasi come sognare tutto l’anno di ricevere per Natale una borsa di Gucci e ritrovarsi la mattina del 25 con una copia contraffatta che si sfalda tra le mani.

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