Regia: Luca Scivoletto
Anno: 2022
Produzione: Italia, Stati Uniti d’America
una recensione a cura di Chiara Lepschy e Giuseppe Minerva
I pionieri è il primo film del regista siciliano Luca Scivoletto – fino ad oggi noto per alcuni suoi documentari – tratto dal romanzo omonimo da lui stesso scritto nel 2019. Racconta gli anni della fine del Comunismo – siamo infatti nel 1990 – attraverso lo sguardo ingenuo e idealista di Enrico (Mattia Bonaventura) e Renato (Francesco Cilia), due ragazzini ambedue figli di militanti comunisti. In quanto tali, sono stati educati ad un rigido rispetto dello stile di vita militante: Enrico è figlio di un dirigente locale e aspirante segretario regionale che insieme alla moglie cresce il figlio secondo i dettami dell’ortodossia marxista, cioè senza religione, senza scarpe di marchio, senza videogiochi e senza vita sociale che ne possa corrompere in qualche modo lo spirito comunista. Enrico, però , vorrebbe vivere come tutti gli altri ragazzi, facendo – magari – una vacanza al mare e avendo una propria vita sociale. Di sinistra sì, quindi, ma senza masochismi.
Renato, invece, ha perso il padre tempo prima ed è uno “che ci crede” davvero: veste come un funzionario di partito degli anni cinquanta/sessanta e anche fisicamente, complici capigliatura e occhiali, richiama alla mente l’immagine di Antonio Gramsci. Insieme ad Enrico – che vuole evitare di trascorrere l’estate con il padre in visita alle sezioni di partito siciliane – concepisce l’idea della vacanza militante grazie al recupero degli scout comunisti, i cosiddetti “pionieri”. Allontanatisi di nascosto da casa per un campeggio “politico” nei vicini boschi, i due amici vivranno le piccole avventure del passaggio dall’infanzia all’adolescenza e dalla militanza al disimpegno, trascorrendo alcuni giorni nella natura insieme ad un insopportabile compagno e bulletto di paese, Vittorio Romano (Danilo Di Vita): fascista, grossolano e interessato solo alle ragazze ma – in fondo – buono. Ai tre si aggiungerà Margherita (Matilde Fazio), vera scout del gruppo della vicina base militare americana (il nemico, insomma). Per Enrico gli ultimi sussulti della militanza comunista – ironicamente rappresentati dal noioso per quanto bonario fantasma di Enrico Berlinguer (Claudio Bigagli) che lo segue ovunque (un po’ come l’Adolf di Jojo Rabbit) saranno sostituiti dai primi moti del cuore per la bionda ragazzina, fra disavventure e voglia – in fondo – di rientrare a casa.
Un film spiritoso e delicato, che strizzando l’occhio al Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore di Wes Anderson, descrive – attraverso una piccola storia di amicizia e di crescita – il momento cruciale del passaggio da una partecipata e onnipresente militanza comunista ad un disimpegno – politico e sociale – già ampiamente praticato nella società italiana da quasi un decennio. E, in fondo, il fantasma di Berlinguer è lì a ricordarcelo con ironia: il passato – e il Comunismo – è solo un fantasma, appunto.
