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I TRE MOSCHETTIERI – D’ARTAGNAN | Moschettieri o Corsari dei mari?

Titolo Originale: Les Trois Mousquetaires: D’Artagnan

Regia: Martin Bourboulon

Anno: 2023

Produzione: Francia, Germania, Spagna

una recensione a cura di Chiara Lepschy e Giuseppe Minerva

Il film di Martin Bourboulon rappresenta una nuova versione (siamo ormai in doppia cifra, senza contare le opere di animazione!) di uno dei più famosi romanzi di cappa e spada della storia, probabilmente il romanzo per antonomasia di questo fortunato genere letterario.

Tutti conoscono, quindi, la vicenda narrata grazie alla lettura del libro di Alexandre Dumas padre o alla visione di una delle numerose trasposizioni cinematografiche, la prima delle quali risale addirittura all’epoca del cinema muto. Cosa aspettarsi, di conseguenza, dall’ennesima versione per il grande schermo? Ad emergere in modo chiaro è la scelta di modernizzare la storia – narrata con tinte più cupe e un maggiore tasso d’azione – perseguita grazie a riprese e a una fotografia più immersive, il tutto inserito in un quadro storico più ampio.

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In tale contesto è utile sottolineare come in sala sia uscita solo la prima parte della storia – che termina con il rocambolesco recupero dei gioielli della regina Anna d’Austria – e come sia già stata girata la seconda parte (esplicitamente dichiarata al termine del film) che si presume incentrata su Milady, interpretata da una sempre magnetica Eva Green.

Le vicende raccontate nel film si basano su una trama sensibilmente diversa dall’originale: il probabile scopo degli sceneggiatori e del regista è definire un contesto storico più completo facendone cogliere sfumature e complessità in un’ottica più moderna, in special modo per ciò che concerne il grave problema delle divisioni religiose all’interno del paese e il conseguente conflitto interiore del sovrano di fronte a esse. In coerenza con l’originale letterario, le vicende storiche sono interpretate con una certa libertà e fantasia; nonostante ciò, aiutano lo spettatore a farsi un quadro più chiaro dell’epoca in cui si collocano e di quali erano le questioni più importanti per la Francia di Luigi XIII.

Come accennato in precedenza, le scene e le riprese utilizzate conferiscono un tono più cupo alla narrazione. Il film, ad esempio, inizia con le scene della sepoltura di un D’Artagnan (François Civil) ancora in vita e della sua riemersione dalla fossa con stile vagamente horror. I moschettieri e le guardie del cardinale Richelieu non hanno le classiche ed eleganti uniformi sgargianti dai colletti immacolati di una certa tradizione ma – piuttosto – l’aspetto e i modi più vicini ai protagonisti di un romanzo picaresco o ad un certo immaginario “à le Corsaire Noir” salgariano.

I duelli e gli scontri avvengono spesso in campagne e boschi nebbiosi e sono pochi gli scorci della Parigi seicentesca effettivamente rappresentati, eccezion fatta per il palazzo del Louvre, che rimane come sempre protagonista. Le scene d’azione che nei film più classici erano delegate essenzialmente ai duelli con la spada, si fanno più veloci e quasi ipercinetiche, dall’inseguimento a cavallo sulle alte scogliere fino all’attentato al re (Louis Garrel) sventato come in un vero e proprio film d’azione o di spionaggio. In quanto funzionali a questa scelta, la fotografia, le riprese e il montaggio creano un’esperienza immersiva del tutto nuova per le vicende narrate, anche se talune scene sembrano un po’ troppo ispirate (copiate?) da un capolavoro come The Revenant di Alejandro González Iñárritu.

In conclusione, un film che si caratterizza per alcuni aspetti indubbiamente interessanti, mentre altri destano più di una perplessità. Se da un lato, ad esempio, la rivisitazione della trama secondo stilemi non lontani dallo spirito del romanzo permette di sviluppare in senso moderno le figure femminili – si pensi a Milady (Eva Green) e alla stessa Constance Bonacieux (Lyna Khoudri) – si perde almeno in parte la caratterizzazione dei protagonisti e, in particolare, il loro forte legame di amicizia che è uno degli aspetti fondamentali del romanzo.

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