ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

IL POTERE DEL CANE | Il dominio del male

Titolo originale: The Power of the Dog

Regia: Jane Campion

Anno: 2021

Produzione: Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda, Canada

una recensione a cura di Donatella Ramondetti

L’ultimo film di Jane Campion, Il potere del cane, adattamento dell’omonimo romanzo del 1967 di Thomas Savage, è ambientato negli anni 20 dello scorso secolo, in un far west in via di cambiamento dove, alla ruvidezza e crudeltà necessarie alla conquista, sta subentrando il desiderio di introdurre elementi di presunta civilizzazione. In questo contesto e sullo sfondo di paesaggi ripresi con maestria nella loro arida ma consolatoria smisuratezza, si collocano i protagonisti del film, ognuno chiuso in una forma diversa di solitudine e di ambiguità segnalata dall’insistente uso del chiaroscuro per le riprese dei loro volti.

Da un lato troviamo i fratelli Burbank che gestiscono un grande ranch nella valle, ovvero il cinico e sgradevole Phil (Benedict Cumberbatch) e George (Jesse Plemons), meno ‘macho’, più sensibile, ma meno arguto e colto del fratello; dall’altro c’è Rose (Kirsten Dunst), una vulnerabile vedova che gestisce un’osteria con l’aiuto dell’efebico figlio Peter (Kodi Smit Mc-Phee). La decisione di George di sposare Rose e portarla al ranch fa da innesco, da ‘trigger’ (proprio come il grilletto di una pistola), all’entrata in collisione dei personaggi.

Il potere del cane img 1 donatella

La triangolazione Rose-Phil-Peter, escludendo il candido George, fa emergere l’essenza, il ‘chiaroscuro’ che li caratterizza: l’atteggiamento sadico di Phil fa leva sulla fragilità estrema di Rose; i modi femminei di Peter scatenano in Phil dapprima rabbia e fastidio, poi un tentativo di rendere più virile il ragazzo nei modi e nelle azioni, proprio come Phil ha fatto in primis su se stesso; l’atteggiamento di Rose, a sua volta, scatena nel figlio un moto protettivo che lo fa procedere con determinazione nel proposito (espresso sin dall’incipit) di far felice la propria madre. Nel film emerge un’umanità sofferente che fa fatica ad aderire all’immagine che ha di se stessa, ma nel contempo affiora anche un lato oscuro di questa umanità, una presenza sinistra, quasi demoniaca, alla quale una tradizione risalente al Libro dei Salmi ha dato il nome di ‘potere del cane’.

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