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LA FIERA DELLE ILLUSIONI | Fantasmi dal passato

Titolo originale: Nightmare Alley

Regia: Guillermo del Toro

Anno: 2021

Produzione: Stati Uniti d’America, Messico

una recensione a cura di Alessandro Cellamare

Fine anni 30, la guerra è alle porte.
Una stanza, qualcuno brucia un cadavere, la casa va in fiamme.
Ellissi.
Campi lunghi, lunghissimi, un uomo con un cappello arriva di notte, la pioggia, un circo.
Non è un cut da un film di Fritz Lang o John Ford, ma solo l’ultimo lavoro di Guillermo del Toro.
E’ La fiera delle illusioni.

La fiera delle illusioni img 1 ale c

E’ la grande illusione di quel cinema antico cui sembrano credere più solo in pochi, dove le immagini erano al servizio del racconto prima ancora che dello stupore. Nightmare Alley vi appartiene come ultimo nipote di quei “nonni cinematografici” necessariamente narrativi che avevano esaurito la carica delle meraviglie di Méliès e si approntavano finalmente a raccontare, e nel migliore dei modi.

E’ l’illusione del prestigiatore, simbolo umano dell’arte cinematografica, che inganna e per cui si paga proprio per essere ingannati, consciamente o meno, come il ricco Ezra Grindle, con la speranza di fuggire da una vita inappagante e fuori controllo.

E’ l’illusione di riuscire a nascondere il passato, prima con un’esistenza nell’ombra, poi col tentativo di ribaltarla sprezzanti delle tracce sulla sabbia, ignari che “il passato non muore mai e non è neanche passato”.
E’ infine l’illusione di riuscire a salvarsi salvando qualcun altro (una donna, un uomo-bestia), salvo poi ritrovarsi dall’altra parte e tornare al punto di partenza, ma stavolta senza via d’uscita e senza un fuoco che possa cancellare.

Guillermo del Toro, dopo anni di cinema fantastico – dal macabro infantile dei primi lavori, passando per il fumetto e la fantascienza -, tenta la svolta verso il cinema realista ma non senza echi tra il mistero e lo spiritismo.

L’approdo è elegante, un esercizio di regia che omaggia il cinema d’antan e mostra un mestiere che forse neanche si sospettava. E’ una sterzata d’autore che ricorda quella di Sam Raimi verso il fantastico meno horrorifico/iper-realistico di The Gift e il noir di Soldi sporchi. Persino nella struttura La fiera delle illusioni sorprende e spiazza distruggendo le aspettative: a una prima parte circense e drammatica, che sembra provenire direttamente da La città dei bambini perduti di Jeunet e Caro deprivata del grottesco e del favolistico, fa da contraltare una seconda che cambia rotta e si trasforma in un noir classico e intenso con una Cate Blanchett da antologia del genere.

La fiera delle illusioni img 3 ale c

Il risultato è un’altalena di emozioni a soli due movimenti ma che ha dell’epico, grazie anche alla lunga (ma corretta) metratura e a un finale grottesco e amaro che sembra un incubo polanskiano.
Forse il punto più alto della cinematografia di del Toro assieme a Il labirinto del fauno, La fiera delle illusioni è un gioiello di nostalgia per chi ha già sedimentato il grande cinema del passato, ma soprattutto una grande opportunità per chi non ne ha ancora avuto l’occasione.

La fiera delle illusioni img 2 ale c
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