ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

LA PERSONA PEGGIORE DEL MONDO | Fluidità e vorticosa ricerca di sé

Titolo originale: Verdens verste menneske

Regia: Joachim Trier

Anno: 2021

Produzione: Norvegia, Francia, Svezia, Danimarca

una recensione a cura di Deborah Gallo

La persona peggiore del mondo di Joachim Trier è a tutti gli effetti un film sulla fluidità. Julie, studentessa di Oslo caparbia e irriducibile, affronta le giornate in balia di situazioni tragicomiche che ci ricordano, inevitabilmente, le circostanze grottesche che spesso fronteggiamo nella vita quotidiana. Julie è la rappresentazione sincera di una giovane donna in cerca della propria identità, che si adatta e poi si ribella, che si reinventa, che cambia forma, che reclama se stessa.

Aksel, primo fidanzato di Julie, riveste un ruolo decisivo per la crescita della protagonista. Fumettista affermato, percorre senza intoppi la sua sfolgorante carriera, ed è lampante come, al contrario della protagonista, abbia sempre avuto chiaro cosa avrebbe voluto essere da grande. È proprio questa sua risolutezza a creare, involontariamente, un enorme divario che genera nella protagonista instabilità ed insicurezza. Da una parte esiste Julie: incerta, irrisolta. Dall’altra Aksel: determinato, privo di esitazioni, sicuro di sapere chi è. Julie reclama se stessa e per riconoscersi è essenziale che assecondi i cambiamenti e familiarizzi con il diverso. Come avviene ad un corpo fluido, che si deforma per adattarsi al recipiente in cui viene posto, riuscendo a conservare sempre la propria struttura ed il proprio volume, Julie deve agevolare il cambiamento senza disconoscersi.

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È inevitabile che frequenti svariate facoltà universitarie prima di individuare quella più in sintonia con le proprie aspirazioni che, in realtà, mutano anch’esse, insieme a lei, giorno dopo giorno. Sì, perché siamo esseri umani che si evolvono ed è doveroso normalizzare il fatto che, insieme a noi, evolvono anche i nostri bisogni e le nostre ambizioni. È proprio in questa perenne sensazione di inadeguatezza di Julie che lo spettatore si riconosce.

Nel nuovo millennio tutto scorre velocemente ed ogni giovane adulto fatica a star dietro a un mondo inarrestabile, fulmineo, che non lascia il tempo per guardarsi dentro e capire cosa si desidera, cosa si vuole essere. Il pubblico empatizza con la protagonista perché vivono la stessa realtà: una frenesia globale in grado di risucchiarti ed assorbirti, che non lascia il tempo necessario per riflettere su di sé e genera un senso di perdita ed inettitudine che accomuna Julie e lo spettatore.

In questo vorticoso turbinio di vita, Julie riesce a concedersi anche piccoli momenti di tregua da se stessa. Dopo essersi imbucata ad una festa e aver bevuto cocktail in casa di sconosciuti, tra la folla, scorge Eivind. I due trascorrono insieme tutta la notte, in balia di una complicità chiara e lampante fin dal primo sguardo. Si abbandonano a lunghe chiacchierate esistenziali su un letto matrimoniale che non è loro, condividono lo stesso bagno e la stessa sigaretta, passandosi il fumo di bocca in bocca, senza mai baciarsi. È come se non fosse necessario nessun atto sessuale per consolidare questa unione tangibile ed incontestabile già di per sé. La fusione di due individui, di due vite ignote, di desideri, di carezze appena accennate; l’abbandono totale di difese, avvenuto in una notte senza luogo e senza tempo. In questi momenti di distrazione e condivisione, in cui sembra firmare un armistizio con se stessa, la protagonista riesce a sviscerare la parte più profonda del suo io, avvicinandosi, sempre più, al sé tanto agognato. Un film può farti sentire meno solo, e La persona peggiore del mondo ci riesce magistralmente bene. Riconoscersi, di riflesso, nel processo di crescita ed evoluzione di Julie, che a sua volta ravvisa e identifica se stessa, è rassicurante e per nulla scontato. 

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