ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

L’ETA’ INQUIETA | FilmInTasca: ragazz* sullo schermo

Regia: Bruno Dumont

Produzione: Francia

Anno: 1997

una scheda didattica e formativa a cura di Umberto Mosca

La vie de Jésus è il film d’esordio di Bruno Dumont, in concorso a Cannes 2021 con l’abrasivo France.
Bailleul, Fiandre, profonda provincia nel nord della Francia. Freddy vive insieme alla madre che gestisce un piccolo bar. Suona il tamburo nella banda locale, ha una motoretta con cui scorrazza per il paese e nelle campagne vicine in compagnia degli amici, quattro ragazzi come lui con cui trascorre molto tempo senza fare assolutamente nulla. Freddy ha una ragazza, Marie, con la quale consuma le sue ore d’amore. Di tanto in tanto deve sottoporsi a visite di controllo perché è epilettico. Un giorno il gruppo di amici prende di mira un giovane beur di nome Kader e un’altra volta si accanisce su una compagna di scuola che ha il solo torto di essere grassa. Un atteggiamento che non piace per nulla a Marie che, allontanatasi da Freddy, inizia a ricevere la corte serrata di Kader. Su quest’ultimo si scatenerà la terribile vendetta del gruppo.
L’approccio fondamentale che caratterizza il film è quello che si concentra sul contesto ambientale in cui si svolgono i fatti. E precisamente su quella profonda provincia francese che ha nella chiusura, nell’isolamento, o comunque nelle difficoltà di comunicazione da parte dei suoi abitanti, la sua caratteristica dominante. La provincia, dunque, come simbolo di marginalità e di esistenza periferica.

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Sin dalla presentazione iniziale, il personaggio ci viene presentato solo con i suoi insondabili pensieri, ermeticamente chiuso nell’impossibilità di elaborarli e di esprimerli. Nel rapporto con Marie, la sua ragazza, Freddy non si spinge mai oltre un’affettuosa indolenza in cui le parole sono completamente assenti. A imporsi decisamente nella rappresentazione dei due giovani amanti è la presenza dei loro corpi, attraverso l’esibizione diretta del sesso con tanto di dettagli visivi e sonori, in una sorta di regressione al semplice stato di natura, fatto di impulsi primari, che costituisce uno dei motivi dominanti dell’opera.

Del resto, anche quando Freddy si trova in una situazione di vita comunitaria, in compagnia degli amici, tra lui e gli altri regna un silenzio infinito che arriva a imbarazzare lo spettatore. Il rumore assordante delle motorette dei ragazzi, lanciate a grande velocità, appare come il solo segno della loro esistenza. L’estremo tentativo di denunciare il proprio esserci, sottolineando al tempo stesso una disperata irriducibilità al resto del mondo. È significativo come i ragazzi risultino essere sensibili solamente nei confronti di quel linguaggio fatto di rumori che è l’unico codice attraverso il quale comunicano. Gli eventi che catturano il loro interesse sono infatti i passaggi ad altissima velocità delle moto e delle auto per la strade del paese. Per il resto domina una condizione assoluta di immobilità in cui le dinamiche di gruppo contribuiscono ad appiattire ulteriormente gli stimoli e le reazioni dei personaggi. Emblematica, in tal senso, la condizione di malato terminale di Aids in cui versa il fratello di uno di essi, che grava al di sopra di tutti. I giovani sembrano vivere in una sorta di trance che esprime l’indifferenza nei confronti delle cose e l’incapacità di intervenire su di esse determinandole o indirizzandole. Essi, dunque, non fanno che subire ogni evento, dalle prove domenicali della banda alle crisi epilettiche da cui Freddy si riprende come se nulla fosse accaduto. Ma a volte esplodono improvvisamente in atti di terribile aggressività e violenza, in cui le cause che fanno muovere i personaggi sono legate ad atteggiamenti di insofferenza nei confronti di tutto ciò che può apparire minimamente diverso dalla norma, rivelando forme di pregiudizio e razzismo neppure troppo latenti, come nel caso dei pesanti scherzi alla compagna di scuola o dell’aggressione al figlio di immigrati. Reazioni che, pur diffuse tra gli abitanti adulti del villaggio, paiono spiazzanti se confrontate con quell’apparente mitezza che sembra caratterizzare i ragazzi in altre parti del film, e Freddy in particolare, come suggerisce la sequenza del concorso domenicale in cui il protagonista vince la gara di trillo col suo fringuello.

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