ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

LICORICE PIZZA | Odi et amo

Regia: Paul Thomas Anderson

Anno: 2021

Produzione: Stati Uniti d’America

una recensione a cura di Alessandro Sapelli

È un film di sensazioni ed emozioni l’ultima perla proposta al grande pubblico da Paul Thomas Anderson, uno degli autori americani più originali ed interessanti della sua generazione. Licorice Pizza, titolo che richiama una catena di negozi dischi di cui Anderson era assiduo frequentatore, ci riporta nei luoghi della sua infanzia, la San Fernando Valley dei primi anni ’70. Un incontro fortuito durante le sessioni fotografiche per l’annuario scolastico è la scintilla che darà il via alla relazione amorosa tra i due protagonisti, il giovane Gary (Cooper Hoffman), esuberante quindicenne dall’innato spirito imprenditoriale, e Alana (Alana Heim), venticinquenne rimasta ingabbiata in dinamiche adolescenziali.

La serie di episodi che ne sussegue, solo apparentemente non legati tra loro, rende perfettamente l’idea dell’amore giovanile in tutta la sua trasparenza: un costante moto di attrazione e repulsione, un valzer fatto di continui avvicinamenti e allontanamenti tra le parti. È un sentimento che pervade le vite dei due giovani protagonisti, e che li porta, spesso di corsa, a ritornare sempre sulla via maestra nonostante tante deviazioni inattese. Anche a costo di discendere in retromarcia le colline di Los Angeles con un camion. Sebbene la struttura della pellicola sia fortemente antinarrativa, quasi collocata fuori dal tempo, il mix di elementi portati in scena è talmente magnetico da impedire allo spettatore di distogliere lo sguardo dalle vicende dei due, quasi sperando che quell’amore non si concretizzi mai definitivamente.

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La scelta dei due attori protagonisti, entrambi esordienti, risulta decisamente azzeccata e fa passare in secondo piano l’utilizzo quasi forzato, al limite del cameo, di volti molto più noti (solo Bradley Cooper, nella parte di Jon Peters, ruba parzialmente la scena ai due in una lunga sequenza scanzonata e dissacrante). Cooper Hoffman incarna benissimo la spavalderia dell’adolescente sotto bombardamento ormonale e la figura dell’american dreamer, capace di saltare in modo agevole dalla vendita di materassi ad acqua al business delle sale da flipper. Alana Heim stupisce per la disinvoltura con cui interpreta il ruolo della giovane donna desiderosa di emanciparsi dal proprio retaggio familiare.
Ma ciò che funziona di più è la perfetta alchimia tra i due, un sottile filo nascosto che genera elettricità quando sono entrambi in scena e che non si spezza mai quando divergono in altre direzioni.

Il tocco di Paul Thomas Anderson non è mai stato così leggero e spensierato: ha i colori caldi ma i contorni leggermente indefiniti di un ricordo d’infanzia. La sua è un’operazione che ha echi dell’ultimo Tarantino ma anche del quasi omonimo Wes, per come contrappone la purezza della giovane età con la tristezza disillusa del mondo degli adulti: in particolare per Alana, la storia d’amore con Gary è l’unico porto sicuro in cui fuggire da esperienze per lei asfissianti come quelle nel cinema o nell’attivismo politico.
La grandezza di PTA sta nell’esser riuscito a realizzare un’opera fortemente personale (per la ricostruzione dettagliata del substrato sociale e culturale in cui è cresciuto) ma allo stesso tempo universale, per la capacità di far rivivere allo spettatore determinate vibrazioni con un pizzico di nostalgia. Un film che, per caratteristiche, difficilmente farà presa sul grande pubblico, ma in grado di scaldare il cuore come pochi altri.

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