una recensione a cura di Umberto Mosca
La figura di Elio Germano ancora una volta in scena per raccontarci un altro capitolo inedito di quella Storia della nostra Repubblica di ieri e di oggi che forse può darci una mano a capire chi siamo e da dove veniamo.
Dopo Daniele Luchetti e Paolo Virzì, Giorgio Diritti e Mario Martone, è la volta di quella chiave eroicomica di cui è maestro Sydney Sibilia, che porta in scena un film che ci vorrebbe un politologo a spiegare (la consulenza storica è di Walter Veltroni), se non fosse per quella sua recitazione da commedia che strizza l’occhio allo spettatore su vari livelli, dalla simpatia dei personaggi alla dosata alternanza tra spiagge e uffici politici, dalla parodia antimilitarista che sa di Stranamore a un iper realismo cromatico che dà alle vicende di un tempo il giusto tono del presente. E con una colonna sonora memorabile, dove spiccano l’attacco di Hey Joe di Hendrix nella scena irresistibile dell’intuizione primaria (siamo su un circuito di velocità, dove di certo si sarà trovato a suo agio il produttore Matteo Rovere, già regista di Veloce come il vento!) e Eve of Destruction di Barry McGuire che accompagna con toni epici la scena liberticida.
Sono gli anni dell’ambizione italiana a una propria autonomia energetica, ma anche del primato industriale italiano, qui raccontato in chiave dissacrante, ma anche lucida e molto originale. E sono soprattutto gli anni in cui, in seno alla Repubblica, inizia a crescere quell’azione antidemocratica e repressiva di una parte del fronte politico che condurrà alle stragi di Stato e agli anni di piombo.
C’è chi dice, giustamente, che all’Italia di oggi servono utopie per guardare al futuro, ma forse basterebbe soltanto che ai tanti bei progetti venisse dedicata la chance di poter rimanere a galla, invece dello sguardo repressivo, trombone e arrogante dell’istituzione statale, che deve essere servizio e non privilegio.
Un gran bel film, convintamente europeista, che rilancia il tema dell’utopia come mito generazionale e costituzionale.