ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

LIVING | Essere diversi è possibile

Regia: Oliver Hermanus

Anno: 2022

Produzione: Regno Unito

una recensione a cura di Chiara Lepschy e Giuseppe Minerva
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Le fondamenta e le fonti d’ispirazione di Living del regista Oliver Hermanus sono solide e importanti: il film è il remake, infatti, di Vivere di Akira Kurosawa – a sua volta ispirato alla novella La morte di Ivan Il’ič” di Lev Nikolàevič Tolstòj – ed è sceneggiato dal Premio Nobel per la letteratura Kazuo Ishiguro, la cui capacità di rappresentare esistenze ormai al tramonto è forse la cifra più significativa della sua letteratura. Ad un così rilevante pedigree si aggiunge poi la presenza di Bill Nighy, che con una misurata (e molto inglese) recitazione dà sostanza – insieme agli ottimi comprimari – alla vicenda semplice ed edificante narrata. Semplice perché quanto accade è facilmente “riconoscibile” da un qualsivoglia spettatore, ed edificante poiché è una storia che parla – nonostante il suo triste e inevitabile epilogo – di un riscatto personale la cui genesi risiede nell’inatteso e drammatico evento che dà il là alla vicenda.

Gli eventi raccontati si collocano temporalmente nell’anno di uscita (1952) dell’opera Kurosawa, della quale Living è a tutti gli effetti un omaggio. L’epoca è sottolineata sia dalla scelta del formato 3:2, sia dal colore e dalla luminosità delle immagini, che richiamano i film degli anni ’50 del secolo scorso.

Mr. Williams (Bill Nighy) è un burocrate di un ufficio comunale londinese del primo dopoguerra, il cui lavoro si svolge – come quello di molti suoi sottoposti e colleghi – con ritmo piano e sonnolento, in giornate durante le quali quasi nulla accade e in cui ogni decisione, grande o piccola che sia, viene rinviata sine die senza alcun trasporto emotivo.

Il protagonista, infatti, si muove in un mondo un po’ decadente fatto di rigore e serietà britannici, in cui – però – l’attenzione verso le necessità sottese alle pratiche edilizie che l’ufficio gestisce è praticamente nulla. E nulla accade, di conseguenza, in quel piccolo ufficio di pochi metri quadrati in cui, in uno spazio al contempo organizzato e ingombro di polverose scartoffie, convivono Mr. Williams e i suoi quattro sottoposti. L’abituale tran tran lavorativo, e non solo, si interrompe quanto gli esami clinici a cui il protagonista si è sottoposto rivelano che è gravemente malato e ha solo pochi mesi di vita.

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L’esistenza di Mr. Williams cambia improvvisamente e posto di fronte alle nuove condizioni decide di trascorrere i giorni che gli restano in modo differente, più “presente” e “sentito” che in passato. E basato, soprattutto, sul fare ciò che la sua grigia vita di impiegato comunale gli ha impedito di conoscere o vivere. E tutto ciò con l’aiuto di un aspirante scrittore – Mr. Sutherland (Tom Burke) – e, in modo diverso, di una giovane impiegata (quasi subito licenziatasi) del suo ufficio, Margaret Harris (Aimee Lou Wood). Ciò consente a Mr. Williams di sperimentare, nonostante la difficile situazione in cui si trova, il piacere di vivere e di portare finalmente a termine un lavoro di trasformazione di un’area dismessa in un parco giochi per bambini, per il quale le madri del quartiere si erano tanto battute presso gli uffici comunali. Uffici (e lavori) con cui il protagonista lotterà in modo estenuante – in qualità di impiegato – per settimane, scontrandosi con un mostro burocratico degno dei migliori racconti di Franz Kafka.

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Un film (e una storia), quindi, che ci parla del problema dei problemi: cosa fare di sé e della propria vita e a quale scopo. E di come, molto spesso, il fine ultimo (o il possibile fine ultimo) dell’esistenza di una persona diventi chiaro solo quando il tempo per raggiungerlo è ormai prossimo a finire. Mr. Williams ha adottato, per un’intera vita, un codice di comportamento sobrio e quasi militare ma fatto – in fin dei conti – di nulla, data l’improduttività del suo ufficio. E di tutti gli altri uffici di un sistema comunale inefficiente e incapace di affrontare i problemi della cittadinanza, come spesso accade per i sistemi burocratici. Un inatteso moto dello spirito permette, però, al protagonista di superare gli ostacoli creati dal sistema, ma anche – e forse soprattutto – da una vita lavorativa e personale passiva e acquiescente.

Un tema percepibile come proprio da qualsiasi essere umano, che solo quando posto di fronte all’inevitabile trova (o potrebbe trovare) la capacità di uno “scarto” efficace e positivo. Come accade, nel caso specifico, a Mr. Williams e non accade, invece, a sottoposti e colleghi, che – nonostante i buoni propositi dovuti all’esempio dell’ormai defunto capo ufficio – tornano in fretta ad una vita e ad un’attività lavorativa tristemente passive.

Notevole interpretazione di Bill Nighy, candidato al premio Oscar come miglior attore protagonista insieme a Kazuo Ishiguro, candidato per la migliore sceneggiatura non originale.

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