Regia: Andy Vallentine
Anno: 2023
Produzione: Stati Uniti d’America
una recensione a cura di Elena Pacca
Matrimonio, desiderio di omogenitorialità, scelte di vita, affetti, carriera. In un’apparentemente perfetta e idilliaca storia d’amore che vede coinvolta una coppia gay, benestante, circondata da una rete amicale invidiabile, irrompe una frattura. Fragorosa come il rumore delle ossa spezzate dell’assistente sociale in precario equilibrio sui tacchi, lungo la discesa di casa di Thomas e Oscar. L’affido temporaneo di un bambino che poi, a seguito del termine del periodo necessario, ritorna a vivere con la madre naturale, apre un vuoto che entrambi i componenti avvertono ma che devasta letteralmente Thomas. Il desiderio di paternità diventa imprescindibile come inevitabile lo scontro e la separazione a causa della divergenza di vedute così radicale. Patinato il giusto dato l’ambiente che rappresenta, il film offre uno spaccato non solo di quanto sia difficile assumersi il carico di certe scelte, ma di quanto costino. In certi stati americani la gestazione per altri è consentita e tutelata per legge, ma sicuramente è inaccessibile ai più. Il film, nonostante il respiro edulcorato, mette in luce un’esigenza che non può essere ricacciata indietro, ma che dovrebbe trovare accoglienza e possibilità. Thomas ormai single coronerà il suo desiderio di famiglia grazie all’adozione, ma, abbandonato il ruffianissimo concetto di “famiglia tradizionale”, il tema deve potersi aprire e quale che sia la famiglia, quali che siano i suoi componenti, se è in grado di portare gioia, vita e affetto, allora la scelta è sempre la scelta giusta. La scalata verso la conquista dei diritti degli omosessuali, avviata dalla Mattachine Society nei lontani anni ‘50 a Los Angeles, procede. Ma i gradini sono ancora tanti. E si deve stare attenti a non essere risospinti indietro.
