ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

LYNCH/OZ | Magnifica ossessione

Regia: Alexandre O. Philippe

Anno: 2022

Produzione: Stati Uniti d’America

una recensione a cura di Elena Pacca

Non credo che la gente accetti il fatto che la vita non ha senso. La vita è complicata e anche i film, a modo loro, dovrebbero esserlo e questo penso che metta le persone terribilmente a disagio.

[David Lynch]

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C’è indubbiamente della genialità nel concentrarsi su certe operazioni monografiche con il gusto di una ricerca volta a scoprire tutte le volte – scusate il bisticcio – che un autore trova spunto, riferimento, rimando con un’altra opera. È il caso di Lynch/Oz, un puro piacere per gli occhi e per le sinapsi attivate da quel corto circuito tra immagini e testo che ci rivela, come una sequenza di fuochi d’artificio epifanici, ciò che ci pareva di avere scorto, ma di cui non avevamo piena consapevolezza. Lungo un trattato di sei capitoli*, per nulla noiosi o ripetitivi, ma con un equilibrio e un’originalità unici ripassiamo in rassegna la filmografia lynchiana e tanti frammenti di quella iconica fiaba politicamente scorrettissima in cui si muove leggiadra Dorothy in una pellicola che, come dotata di una magia intrinseca, non invecchia ma si autoridefinisce ogni volta moderna in ogni epoca come se avesse fatto, a suo tempo, quel fatidico patto col diavolo di wildiana memoria.
Non c’è un solo giorno della mia vita in cui non abbia pensato al Mago di Oz”, ci dice Lynch, e, al di là della boutade, il cinema di Lynch è effettivamente permeato della poetica del film di Fleming, a incominciare da quel Doppio – angelo/demone, vita di finzione/vita reale – incarnato da Dorothy/Judy Garland, da quel mondo che sembra idilliaco e che idilliaco non è, da quell’epoca – gli anni ’50 americani – dove il sogno omonimo era all’apice, dove tutto sembrava possibile, sfolgorante, colorato e giusto, ma che invece così non era, come ben ritrae l’incipit di Velluto Blu.

Per nulla didascalico il film non ci racconta una tesi univoca ma, attraverso le voci di un critico e sei registi, un poliedro sfaccettato in cui ciascuno rifrange la propria esperienza e il proprio sentire riflettendo sulla filmografia del nostro in un profluvio di immagini che fanno del connubio Corpus Lynchiano/Mago di Oz un tripudio rutilante, un flusso fantasmagorico, un mashup che imprime subliminalmente nella nostra retina una verità che non è solo apparente, ma sostanziante. Tendaggi, porte, scarpette rosse, strade prospettiche, realtà/sogno, casa, doppelganger, balletti, mondi paralleli, paradisi perduti, colore/non colore, saturazioni, caos, buono/cattivo, l’universo iconografico e immaginifico lynchiano è servito. E se si ama la filmografia del regista di Missoula, Montana allora si amerà questo omaggio scandaglio che ha il tocco delle cose divertenti che non farò mai più ma che ricorderemo per sempre.

*Capitoli:
Wind, Amy Nicholson
Membranes, Rodney Ascher
Kindred, John Waters
Multitudes, Karyn Kusama
Judy, Moohead&Benson
Dig, David Lowery

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