di Donatella Ramondetti
Indimenticabile la prima apparizione di Gilda nel film omonimo (Gilda – Charles Vidor, 1946). Dal fuori campo inferiore dello schermo, Rita Hayworth entra all’improvviso nell’immagine filmica con un movimento che le fa rovesciare indietro la testa, mentre i vaporosi capelli, che stava probabilmente spazzolando, riempiono l’inquadratura ricadendo sulle spalle nude. Nei primi film noir americani degli anni 40 la first appareance della dark lady di fronte allo sguardo ammaliato del protagonista maschile, e per suo tramite dello spettatore, è una vera e propria apparizione, al cospetto della quale ognuno (protagonista e spettatore) è consapevole che nulla sarà più come prima.
Il personaggio femminile che si presenta in tutta la sua fulvida bellezza, avvolta in una luce bianca a cui fa da specchio il bianco degli abiti, della pelle e spesso anche del decor che la circonda, prende talvolta sembianze angeliche o di vittima perseguitata, ma porta sempre con sé il rischio e l’attrazione del male, lo spettro della nostra parte oscura.
La fascinazione che queste figure esercitano può essere tradotta dal cinema in un’improvvisa apparizione, come in Gilda, oppure in un progressivo imprigionamento dello sguardo come ne La fiamma del peccato (Double Indemnity – Billy Wilder, 1944). Nella scena della sua prima apparizione Barbara Stanwick si avvicina lentamente, a poco a poco, alla balaustra in cima alla scala, presentandosi infine avvolta unicamente da un asciugamano candido che le lascia scoperte le spalle e, come scopriremo, gran parte della schiena. La potenza e la sensualità dell’immagine catturano subito lo sguardo del protagonista maschile (Fred MacMurray), sguardo che rimarrà definitivamente intrappolato davanti al dettaglio delle gambe che scendono le scale e del braccialetto avvolto attorno alla caviglia della donna.

La first appareance della dark lady si fa in questi film veicolo di una forza visiva potente e inaspettata, ammaliatrice e traditrice. Così come avviene per Rita Hayworth ne La signora di Shanghai (The Lady from Shanghai – Orson Welles, 1947), per Jane Greer ne Le catene della colpa (Out of the Past – Jacques Tourneur, 1947) e così via.

Tutte dive bellissime, vestite di bianco, immerse in una luce paradisiaca davanti agli occhi dello spettatore, ma portatrici di foschi presagi, avvertiti sin dall’inizio, che emergeranno inevitabilmente nelle immagini successive.
Jane Greer, prima di estrarre inaspettatamente la pistola e uccidere il socio del co-protagonista Robert Mitchum, ha il volto solcato dalle ombre dei due uomini che stanno lottando. Lo sguardo in macchina, e quindi più che mai rivolto allo spettatore, di Barbara Stanwick, mentre il marito viene ucciso al suo fianco, non si può definire in altra maniera se non diabolico.
L’immagine di Rita Hayworth nella famosa scena degli specchi è sdoppiata, moltiplicata, spezzata proprio nel momento in cui il marinaio Orson Welles deve cedere all’evidenza della ambiguità della donna, allo svelamento della sua degenerazione.

E che dire di Joan Bennett ne La donna del ritratto, che appare, fin dall’inizio, agli occhi del bravo padre di famiglia, interpretato da Edward G. Robinson, in una immagine sdoppiata e sfalsata a causa del riflesso della vetrina dove è esposto il quadro che la ritrae?
Inquadratura e gioco di sguardi magnificamente costruiti, dove troviamo congiuntamente l’immagine della seduzione e il suo riflesso oscuro.
La donna del ritratto (The Woman in the Window) – Fritz Lang, 1944
Le visioni noir di Donatella Ramondetti
# La fiamma del peccato (Double Indemnity) – Billy Wilder, 1944
# Vertigine (Laura) – Otto Preminger, 1944
# Il terzo uomo (The Third Man) – Carol Reed, 1949
# Ascensore per il patibolo (Ascenseur pour l’échafaud) – Louis Malle, 1958
# La donna che visse due volte (Vertigo) – Alfred Hitchcock, 1958
# L’infernale Quinlan (Touch of Evil) – Orson Welles, 1958
# Chinatown – Roman Polanksi, 1974
# L.A. Confidential – Curtis Hanson, 1997
# Strade Perdute (Lost Highway) – David Lynch, 1997
# Vizio di forma (Inherent Vice) – Paul Thomas Anderson, 2014