di Liliana Giustetto

La vastità del genere noir rende difficile la sua definizione, ma, senza ombra di dubbio, possiamo dire che una condicio sine qua non è l’atmosfera, il carattere plumbeo delle narrazioni, la mancanza di speranza, al limite della disperazione, dei protagonisti; ma, soprattutto, un elenco di oggetti che sono testimoni di tutto questo. Onnipresenti ed essenziali, a firmare situazioni, psicologie, dinamiche.Certamente abbiamo i cappelli, sia per uomini che per donne; le armi tipiche, cioè pistole in primis, coltelli, proiettili di ghiaccio, veleno, corde da impiccagione, punteruoli. Armi da usare a distanza ravvicinata perché nel noir si uccide così, vis a vis, difficilmente con armi da tiro lungo, esplosioni, asce.Poi c’è lei, la sigaretta, qualche volta affiancata da un sigaro o una pipa. Ma la sigaretta è “il cinema noir”, occidentale come orientale, classico come moderno.
La sua luce a volte è l’unica che illumina la scena, il suo fumo satura gli ambienti, rendendo il senso di soffocamento della situazione, attraverso la sua nebbia si confondono le idee.


Lei, rollata al momento o estratta da un pacchetto stropicciato.
Tutti sembrano sempre impegnati a fumare, quella che sembra sempre l’ultima sigaretta prima della fine; le scene sono sempre interrotte o accompagnate dalla necessità di accendersi una sigaretta.
Talvolta definisce i rapporti di potere, c’è chi ha sempre bisogno di qualcuno che gliela accenda, come in Double Indemnity/La fiamma del peccato, come un segno di impotenza. In questo, come in altri film, la sigaretta o il sigaro possono essere letti come simboli fallici.

Il critico Roger Ebert li chiama i film in cui «everybody is always smoking».
In Out of the Past/Le catene della colpa, lo scambio di battute tra Douglas e Mitchum «Cigarette?», «Smoking» sanciscono l’inizio di un duello.

I personaggi fumavano, le troupe, durante le riprese, fumavano, fumavano gli spettatori nelle sale. La nebbia era una costante e il fumo non era visto per nulla male.



Ma poi ha continuato a essere presente anche in tempi molto più recenti come nei polar francesi o nei noir orientali.
La dark lady deve fumare e questa è una sua arma di seduzione e di forza, fino a che non si invertono i ruoli di potere. Raccontò Billy Wilder che la sigaretta «serviva a farla sembrare più sordida possibile», riferendosi a Barbara Stanwyck, sempre in Double Indemnity.

Nel noir, il fumo, come gli specchi, ingannano la vista, nella dimostrazione che tutto è un’illusione fatiscente (cit. Marlisa Santos in The Dark Mirror: Psychiatry and film Noir).



Nei noir orientali la sigaretta è un’àncora a cui appigliarsi per evitare di sprofondare nella paura e nello smarrimento.
Nei moderni polar o nei classici noir francesi è piuttosto un metodo per scaricare la rabbia e l’aggressività.


Si accende con il mozzicone della precedente, nelle serie noir.



Ma è essenziale.
Sempre.

Le visioni noir di Liliana Giustetto
# Il grande sonno (The Big Sleep) – Howard Hawks, 1946
# Notorious – Alfred Hitchcock, 1946
# Rapina a mano armata (The Killing) – Stanley Kubrick, 1956
# La donna che visse due volte (Vertigo) – Alfred Hitchcock, 1958
# L’infernale Quinlan (Touch of Evil) – Orson Welles, 1958
# La conversazione (The Conversation) – Francis Ford Coppola, 1974
# Chinatown – Roman Polanksi, 1974
# Blood simple – Joel Coen, 1984
# Memories of Murder – Bong Joon-ho, 2003
# L’ultima missione (MR 73) – Olivier Marchal, 2008