ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

NOPE | O l’eterno rischio dell’incontro con l’Altro

Regia: Jordan Peele

Anno: 2022

Produzione: Stati Uniti d’America

una recensione a cura di Chiara Lepschy e Giuseppe Minerva

Il film inizia con il flashback di un fatto di sangue avvenuto sul set di una sitcom della fine del secolo scorso, dove uno scimpanzé – impaurito dall’esplosione di un palloncino – uccide quasi tutti i presenti in scena. Si salva solo un bambino, Ricky “Jupe” Park, che – nascostosi sotto un tavolo – riesce a calmare l’animale un attimo prima che questo venga ucciso.

Al tempo presente, Otis “OJ” Jr. Haywood (Daniel Kaluuya) e la sorella Emerald “Em” (Keke Palmer) sono i discendenti di una dinastia di addestratori di cavalli che lavora nel mondo del cinema. La vicenda prende avvio dalla misteriosa morte del padre degli Haywood, colpito all’occhio – mentre è a cavallo – da una moneta caduta dal cielo. Ereditato il ranch, i due fratelli sopravvivono fra la partecipazione di Otis (e dei cavalli) alle riprese di un film e l’attività di marketing dell’azienda svolta da Emerald a Hollywood. Le cose non vanno, però, come sperato a causa di un cavallo che, innervositosi, colpisce uno degli attori portando al licenziamento degli Haywood. In più, il ranch è oggetto di una serie di eventi che fra black-out elettrici, luci in cielo e strani rumori fa pensare ai due fratelli di essere testimoni di un avvistamento UFO. Più volte, infatti, credono di intravvedere fra le nuvole un disco volante che si muove velocemente e scompare in una formazione nuvolosa immobile da tempo, il probabile nascondiglio della nave aliena.

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A questo punto, Otis ed Emerald decidono di filmare l’oggetto volante e di diffonderne le immagini in rete, nella speranza di arricchirsi grazie all’interesse che ciò eserciterà sugli amanti dell’ufologia. Ma non sono gli unici a conoscenza del fenomeno: Ricky “Jupe” Park (Steve Yeun), ormai adulto, sfrutta come attrazione del proprio spettacolo western la comparsa del velivolo alieno e la feroce aggressione dello stesso ai cavalli, che Ricky acquista dagli Haywood in difficoltà economiche. Ma qualcosa durante una replica dello show va male e ad essere divorati sono Ricky, la sua famiglia e il pubblico. Dopo l’incidente, Otis intuisce che non si tratta di un normale UFO ma di un vero e proprio predatore giunto sulla terra chissà come. Da qui al finale, la vicenda si trasformerà in una sfida all’O.K. Corral fra gli Haywood (e coloro che li aiutano nelle riprese) e la creatura.

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La terza regia di Jordan Peele è un film sci-fi, ma anche – e soprattutto – un omaggio al cinema di genere. Per primo, il cinema western dei panorami desolati e sconfinati, dei ranch e dei cavalli, dove i nativi americani sono sostituiti dall’alieno. Poi, il principale, il cinema di fantascienza con venature horror.

Infine, il cinema dei primordi, richiamato dal proto-film The Horse in Motion e omaggiato dal riferimento all’uso – da parte del cameraman che aiuta gli Haywood – di una macchina da presa interamente manuale, unico mezzo tecnologico funzionante durante i black-out.

La fantascienza a cui Peele si ispira è quella in voga fino ai primi anni ‘70 del Novecento, con il “contatto” spesso minaccioso fra alieni e genere umano. Un “contatto” poi superato – in ambito cinematografico e nella società – da quello di Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg, dove gli alieni non erano più terrificanti pur rimanendo presente tutto il corollario classico di elettricità che defeziona, di luci e suoni misteriosi e di, ovviamente, esseri dalla grande testa. Peele ricorre a tutti i punti di riferimento del genere con in più la scelta, decisamente originale, di trasformare l’astronave aliena in un predatore che divora le proprie vittime.

Oltre a ciò, un tema interessante è la critica al funzionamento di una certa macchina dello spettacolo, basata sullo sfruttamento di eventi tragici, minoranze etniche e animali. Ricky “Jupe” Park ne è un esempio: dapprima vittima da bambino, con lo scimpanzé, e poi carnefice in età matura, quando per lo spettacolo non esita a sacrificare i cavalli acquistati dai vicini di ranch. Il tutto riecheggia, in un certo qual modo, sin dal titolo del film: un invito a non “guardare” simili spettacoli, metaforicamente riassunto nell’intuizione di Otis Jr. di non fissare mai direttamente quello che in realtà non è un UFO ma un pericoloso alieno. La tematica dello sfruttamento dell’uomo e del suo corpo, peraltro, è parte essenziale delle due precedenti opere di Peele.

Per concludere, un parziale appunto: forse la tensione che il regista aveva con maestria saputo mantenere fino alla soluzione dell’enigma in Get Out e Noi, si esaurisce qui un po’ troppo presto. Il disvelamento di ciò che il disco volante realmente è, porta la vicenda a mutare in un più scontato duello rusticano fra i protagonisti, umani e spaziale. Aspetto che ne depotenzia in parte gli intenti di thriller fantascientifico e di film horror.

Splendido lo scenario naturale in cui la storia si svolge e, soprattutto, la fotografia crepuscolare di Hoyte van Hoytema.

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