ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

NOWHERE SPECIAL | Father and son. (I know I had to go)

Regia: Uberto Pasolini

Anno: 2020

Produzione: Italia, Romania, Regno Unito

una recensione a cura di Elena Pacca

Dopo l’immenso Still Life, Uberto Pasolini torna a trattare il tema della morte e conseguentemente della vita, vissuta o residuale. Il risultato è un film delicato e sincero, pur senza toccare la magia, la misura, l’equilibrio e lo stato di grazia del precedente. Tratto da una storia vera, spinoso da trattare quanto doloroso da affrontare, l’argomento in sintesi è quello di un padre single, di professione lavavetri in proprio, malato terminale, alla ricerca di una famiglia adottiva per Michael, il suo bambino di quattro anni. Tra precariato lavorativo, il tempo che stringe a fessurare gli occhi su un domani inesplorato e l’operato dei servizi sociali, a volte ottusi o incapaci di svolgere il proprio lavoro al meglio, scorriamo insieme a John – un James Norton intenso e credibile – il campionario di coppie papabili. 
Pasolini ci palesa in tutta la sua normale crudezza che la gente schiva – per paura, insensibilità o semplicemente perché ignora – il dolore altrui e tutto il carico che ciò comporta. Tra sconfinamenti al limite del macchiettistico e risvolti un tantino prevedibili – la restituzione del coniglio di peluche, la vendetta delle uova, la scelta finale -, il film procede affidandosi all’emozione della storia, pur mantenendo il ciglio asciutto, che vacilla soltanto quando ci accorgiamo che il bambino, doverosamente presente agli incontri “esplorativi”, ha capito la natura di quel peregrinare. Il lavaggio ostinato da parte di Michael del camioncino di plastica è il momento toccante che esprime il desiderio impossibile di cancellare quella macchia che incombe sulle loro vite, il cui cammino, sino a quel momento esclusivo e parallelo, sarà costretto, di lì a poco, a interrompersi.

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