ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

PICCOLI LADRI | FilmInTasca: ragazz* sullo schermo

Regia: Marzieh Meshkini

Produzione: Iran

Anno: 2004

una scheda didattica e formativa a cura di Umberto Mosca

Un film prodotto dalla Malkhmalbaf Film House e diretto da una donna: Marzieh Meshkini, moglie di Mohsen Makhmalbaf e madre del direttore di produzione Maysam Makhmalbaf.
A Kabul, dopo la caduta del regime talebano, due bambini, fratello e sorella, vagano in cerca di un tetto per la notte. La madre è in carcere, dopo esser stata accusata di bigamia dal marito talebano, anch’egli detenuto. Questo perché la donna, non avendo avuto per cinque anni notizie del coniuge, partito per la guerra, si era risposata. Essendo entrambi i genitori in carcere, i piccoli, non potendo dormire con la madre, trascorrono le giornate cercando di incontrarla per poterci parlare, nonché di convincere il padre a ritirare la denuncia. A nulla serve implorare o provocare i secondini della prigione. L’unica soluzione che escogitano è quella di derubare qualcuno, in modo da venire incarcerati per potersi ricongiungere alla madre. L’idea l’hanno avuta vedendo un vecchio film italiano, Ladri di biciclette, in una sala d’essai.

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Piccoli ladri è un film che racconta l’Afghanistan dopo i mesi dell’autunno 2001 in cui ha luogo la caduta del regime dei talebani.
Una delle prime opere girate a Kabul dopo un lungo periodo in cui ogni tipo di immagine è stata bandita dall’integralismo religioso, il film è diretto da Marziyeh Meshkini, moglie di quel Mohsen Makhmalbaf che, oltre ad essere uno dei più importanti registi cinematografici contemporanei, è stato l’autore del celebre Viaggio a Kandahar. Della famiglia iraniana dei Makhmalbaf fa parte anche la figlia Samira, che ha diretto Alle cinque della sera, storia difficile di un nucleo familiare di Kabul subito dopo la fine dell’ultima guerra.

E un prodotto dell’ennesima guerra combattuta in Afghanistan, quella scatenata dall’America di Bush contro l’esercito del mullah Omar, sono certamente i piccoli Zadeh, nove anni, e sua sorella Golgotai, di sette anni. Nelle intenzioni dell’autrice essi rappresentano la condizione di centinaia di loro coetanei senzatetto nella città distrutta dai bombardamenti. Da questo punto di vista il film non manca certo di fare, seppure in modo molto discreto, alcune amare considerazioni, come quella secondo cui è vero che ora, dopo la fine dei taliban, a Kabul è possibile guardare la televisione, peccato che la gente sia costretta a guardarla dentro alle auto in cui ora vive, visto che la maggior parte delle abitazioni sono andate completamente distrutte. E a proposito del divieto nei confronti delle immagini imposto dal regime precedente, è davvero toccante la scena in cui i due fratellini si mettono a guardare la tv, pensando in tal modo di venire arrestati e, dunque, di poter finalmente raggiungere la madre in carcere. Ad affiorare sono dunque l’ingenuità e l’inconsapevolezza dei più piccoli nei confronti delle azioni e dei cambiamenti operati dagli adulti. Una prospettiva, quella dei ragazzini, che risulta particolarmente efficace per far affiorare le contraddizioni contenute in una determinata situazione o per cogliere l’assurdità di un mondo le cui regole sono dettate dai grandi. Piccoli ladri è dunque il mondo così come i ragazzini cercano di spiegarselo: vedi la scena in cui Golgotai si rivolge a un cagnolino perseguitato da alcuni suoi coetanei e gli domanda se quei bambini hanno cercato di bruciarlo per via del fatto che l’animale si era risposato! Si tratta dell’esempio più folgorante per suggerire allo spettatore come certe condizioni considerate naturali sul piano sociale possano essere messe in crisi se osservate da un’angolazione leggermente differente, dove la meraviglia e l’incanto garantiscono un’insospettata lucidità.
Ma al di là dei suoi inserti surreali e fiabeschi, Piccoli ladri è un film sulle durissime condizioni di vita dei piccoli abitanti di Kabul, raccontati secondo la classica tecnica neorealista del “pedinamento” (di qui, anche, l’importante riferimento a Ladri di biciclette contenuto nel film). Come suggerisce, già nella parte iniziale, la sequenza in cui i piccoli lavorano duramente per raccogliere gli stracci e la legna utili a pagarsi delle strisce di carne essiccata talmente sottile da assomigliare al pane. Perché nella Kabul del dopo-talebani il lavoro minorile è una condizione necessaria di auto-sussistenza, in attesa che l’Afghanistan diventasse un Paese diverso.

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