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RUMORE BIANCO | Una pillola per tutte le paure

Titolo originale: White Noise

Regia: Noah Baumbach

Anno: 2022

Produzione: Stati Uniti d’America, Regno Unito

una recensione a cura di Liliana Giustetto

Adattamento dell’omonimo romanzo di Don DeLillo, Rumore bianco è stato scelto come film d’apertura della 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Se volessimo definire questo film in poche parole si potrebbe dire che è un tenero divertente thriller familiare. Sono spassosi gli Easter eggs inseriti nel poster disegnato.

Baumbach ci porta nel 1984, in un periodo in cui il mondo era relativamente sereno, spensierato ed ottimista. Ci troviamo alle prese con una famiglia che di ottimista ha molto.
Due coniugi, innamoratissimi, ognuno al quarto matrimonio, che hanno quattro figli in totale, di cui il più piccolo avuto insieme.

Rumore bianco img 1 liliana

Il marito, un comprensivo e collaborativo Adam Drive, è Jack Gladney, un professore che insegna una materia da lui creata, chiamata Hitlerologia, incentrata sullo studio di Adolf Hitler.

La moglie, Babette, interpretata da Greta Gerwig, è una dolce ed attiva madre di quattro figli, oltre che insegnante di varie attività fisiche, nello stile degli anni ’80.
Ruotando intorno alle vicende di questa famiglia, che si trova anche a dover affrontare una catastrofe naturale, dovuta da uno sversamento chimico nelle vicinanze, la storia verte principalmente su una paura ancestrale. La paura di morire.

Tra eventi surreali, sogni, incubi ed evacuazioni, principalmente ci troviamo ad analizzare un periodo storico particolarmente deresponsabilizzato, tuttavia non esente da tutti i rischi che la vita mette comunque di fronte a ogni individuo.

Il rumore bianco è quello delle voci che si intersecano nella cucina al mattino, come quello delle varie attività nel campo di raccolta post evacuazione o delle lezioni improbabili tenute dai due professori di materie alternative, insieme ai turbinosi giri dei vari personaggi che si ritrovano perennemente al supermercato di quartiere.
Vengono analizzate le paure di ogni personaggio, singolarmente o in gruppo.
La paura atavica, attivata dalla minacciosa, tossica, nube nera, che fa scatenare – in ogni personaggio – reazioni inaspettate e bizzarre rispetto alla propria personalità, che si sovrappone alle poco razionali paure che un figlio cada dal tetto, che si venga travolti mentre si attraversa la strada, o che qualcuno venga avvicinato da uno sconosciuto.

Il rumore bianco è la vita che scorre inevitabilmente, senza possibilità di porre dei limiti per rallentarla, per fotografare un attimo, per tenere il più lontano possibile quella morte che tanto spaventa. Che rischia di rovinare un presente sereno e quasi incosciente, con la sua ombra perenne.

Sarebbe di gran lunga meglio abbandonarsi a questo rumore bianco.

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Le immagini del film sono dinamiche e godono di un’ottima fotografia che sembra delineare proprio il periodo in cui il film è ambientato.

Adam Driver si è calato magnificamente nella parte, prendendo peso, con un trucco che lo invecchia e modificando la sua andatura. È il padre amico, complice, un po’ immaturo e incerto sulla condizione di padre e marito. Quasi a sperare che le cose prendano sempre la piega giusta. (D’altra parte, quando prova a dare una direzione, il risultato è quantomeno bizzarro).

Greta Gerwin interpreta la madre tipo dei film di quell’epoca. Un po’ come la madre che ricordiamo in E.T., Incontri ravvicinati del terzo tipo e in altre pellicole contemporanee.
Moderne, dolci, forti ma fragili.
Impegnate a dominare il caos emotivo interno con una calma apparente che deve servire da corazza infrangibile per proteggere la famiglia.

I quattro ragazzi che interpretano i figli sono riusciti a dare fluidità alla propria presenza, con grande naturalezza, per un’immagine di famiglia sempre connessa e vitale. Ciascuno dei quattro personaggi è accompagnato dalla sua piccola piccola porzione di paura, che si evidenzia in ognuno a causa di motivi diversi.

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