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SORRY WE MISSED YOU & 1917 | Un parallelo impossibile?

una recensione a cura di Ezio Genitoni

Usciti nei cinema non lontano l’uno dall’altro, ma estremamente lontani come tipo di opera, sono tra i film d’oltremanica più interessanti della stagione, ben accolti da critica e pubblico e selezionati nei migliori festival internazionali.

Sorry We Missed You – Denuncia. A Newcastle, in Inghilterra, la modesta famiglia Turner combatte per restare a galla. Il nuovo lavoro di Ricky Turner, intrapreso nella speranza di risollevare l’economia familiare, si rivela un boomerang. La moglie Abbie non ha miglior fortuna ed i figli della coppia, di cui uno adolescente e problematico, necessitano di maggiore serenità. La stabilità famigliare è minata.

Loach, con l’inconfondibile stile dal profilo apparentemente sobrio, affronta ancora un una volta il tema del lavoro e dei diritti negati. Lo fa, affiancato dall’inseparabile sceneggiatore Paul Laverty, dimostrando attenzione alle mutazioni sociali più recenti. Lo fa, affiancato anche dall’altrettanto inseparabile George Fenton, che aggiunge un commento musicale in sordina, ma “a fior di pelle”.

1917 – Guerra. Nel cuore dell’Europa durante il primo conflitto mondiale, due militari inglesi, William Schofield e Tom Blake, vengono scelti per una pericolosa missione. A piedi, attraversando un insidioso territorio, devono giungere a consegnare un ordine al colonnello Mackenzie, ignaro della vera strategia dei Tedeschi: occorre fermare l’attacco. Ciò salverebbe un intero battaglione in cui milita anche il fratello dello stesso Blake.

Mendes, utilizzando uno stile immersivo e spettacolare, dà spazio a un coinvolgimento sensoriale che fa l’occhiolino al videogioco. Sceglie, come cifra stilistica sostanziale, la modalità di far apparire l’intero film come un unico piano sequenza. La fotografia, quindi, ma anche la colonna sonora evocativa, sono in grande evidenza.

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Estremamente diverse le due opere dei registi Britannici, per soggetto, temi trattati, e messa in scena. Paradossalmente, però, è possibile trovare tra loro alcuni punti di contatto, come fossero due universi separati che si scambiano di tanto in tanto piccole quantità di materia ed energia.

1 – Le idee e i fatti ben si raccontano attraverso il profilo dei personaggi. Entrambi i registi, con modi e finalità differenti, insistono su di loro e sul rapporto con lo spettatore.

Il taglio documentaristico, determinato da una precisa tecnica di cui Loach è padrone, permette di entrare a contatto con le vicende a tal punto che ci si immagina di essere fianco a fianco dei personaggi. Si immagina di “passare di lì per caso”, mentre sono seduti a tavola, quando sono all’interno del capannone delle merci o durante i dialoghi al di qua e al di là di una scrivania.

Surreale e reale allo stesso tempo, ad esempio, la scena del colloquio di lavoro di Ricky Turner.

Lo stile di regia e la soluzione messa in campo da Mendes è tale che ci si posizioni costantemente “all’altezza dello sguardo dei personaggi”. Tale scelta, a dire dello stesso regista, è volta ad ottenere un canale ulteriore e preferenziale con lo spettatore.

Le scene all’interno delle trincee o la sequenza dello schianto del biplano ne sono un esempio.

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2 – Ambedue i film, per scelta degli autori, vengono visti dallo spettatore in condizione di apnea prolungata. Quasi non esistono momenti di sosta in cui si tiri un sospiro di sollievo e, allo stesso tempo, persiste una situazione che costringe i personaggi in una sorta di gabbia.

In Sorry We Missed You i personaggi (a ben vedere non solo i Turner) si trovano in un contesto inestricabile. Sono senza via d’uscita stretti da una parte dalla schiavitù e dall’inganno di un lavoro affatto nobilitante, dall’altra dalla difficoltà di gestire una vita di fatto sulla soglia della povertà. L’unica strada percorribile sembra quella del sacrificio senza fine: proprio come in una “guerra”. Si scopre che uno dei rari momenti di distensione nel corso della narrazione, in cui Ricky Turner e la figlia Liza trascorrono una piacevole giornata, è poi cinicamente censurato dal sistema.

In 1917 la gabbia è la guerra stessa. È impossibile chiamarsi fuori dal conflitto (non combattuto neppure a “casa propria”) e da una missione non richiesta, forse senza ritorno. L’atmosfera percepita è quella di un quadro in cui null’altro sembra possibile se non avanzare: per dovere e per sopravvivenza. Anche qui, un unico momento di sospensione e tenera accoglienza, durante il quale Schofield si rifugia nel riparo di una sconosciuta, non può durare se non per pochi istanti: una breccia e un’illusione seguite dall’inesorabile richiamo della realtà.

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3 – Un’azione sconsiderata ed imprevista, dettata dalla mancanza di vie di fuga e in parte sfogo di un’immensa carica accumulata, associa nel finale i protagonisti dei due film. Un gesto che, più che liberatorio, risulta essere quasi obbligato o necessario.

Ricky Turner, preda dello sconforto, fisicamente malridotto e sordo a ogni tentativo di dissuasione, si getta drammaticamente verso il luogo di lavoro. Sequenza che, oltre a svelare il doppio senso del titolo, appare come unico e ultimo baluardo a cui aggrapparsi. Gesto imprevedibile, carico di umanità.

William Schofield, non avendo altra scelta per portare a termine il proprio compito, si lancia altrettanto drammaticamente allo scoperto sul campo di battaglia. Una sequenza pensata per diventare iconica nel film. Ultimo e significativo atto eroico.

Un compito intollerabile per i personaggi raccontati dai due cineasti, che si conclude in ultima analisi in un nulla di fatto. I familiari (…missed you…) hanno avuto temporaneamente la forza di ritrovarsi e la missione dietro le linee nemiche è terminata. Ma a quale prezzo se soprattutto nulla è veramente definito? La guerra sociale e quella armata sul campo non sono affatto risolte.

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4 – Un’ultima chiara similitudine, infine, si esprime sul piano del risvolto politico di cui le due produzioni sono portatrici. Aspetto, quest’ultimo, che di fatto non accomuna le due opere, ma è comune ad entrambe e potrebbe esserne la vera forza.

Non è un caso che in tempo di Brexit e in un momento in cui l’Europa fatica a recuperare una propria identità collettiva, 1917 tratti di guerra. Di una guerra che, nell’immaginario collettivo, più di qualsiasi altra descrive la rivalità e l’astio tra le popolazioni del vecchio continente. Monito o suggerimento?

La denuncia sociale di Sorry We Missed You è anch’essa, inevitabilmente, anche denuncia politica. Ken Loach, più chiaro, mette sullo stesso piano tutti i cittadini d’Europa. Infatti, nonostante l’innegabile caratterizzazione anglosassone, il soggetto è facilmente trasferibile in altri luoghi e sovrapponibile ad altre storie. La trincea di guerra non è posta tra i popoli, ma tra le scelte sociali.

Terminano qui gli aspetti che possono essere messi confronto. Il cinema del Regno Unito regala al pubblico due film che ne confermano la qualità della produzione.

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