Regia: Ridley Scott
Anno: 2023
Produzione: Stati Uniti d’America, Regno Unito
una recensione a cura di Elena Pacca
Ei fu
siccome è mobile
la donna
e il fatal desìo.
Un altro Napoleone. Due secoli dopo ecco allora Ridley Scott che tratteggia un uomo al di sotto di quanto ci si aspetterebbe, non nella statura, ma nella bassezza del suo agire, al cospetto delle angherie sentimentali di una volubile Giuseppina di Beauharnais. Defraudato del mito, Napoleon è un borghese piccolo piccolissimo di cui non si comprende appieno la capacità strategica che lo ha portato a dominare l’Europa tenendo in scacco le corti e le diplomazie degli altri stati. Possiamo credere a una tale ubriacatura d’amore? Quale significato può avere il cedere il comando di ogni conflitto amoroso perdendo sul campo ogni volta la guerra dei sensi e restituendo ogni volta più terreno a Giuseppina? Davvero la visione “altra” di Napoleone è saperlo debole ai limiti dell’inettitudine e del ridicolo, praticare un sesso sbrigativo e conigliesco e nulla più? Suvvia!
Indebolire la figura di Napoleone significa automaticamente denigrare tutti coloro che non hanno saputo tenergli testa, affrontarlo, fargli cambiare idea. E parliamo di quasi mezzo mondo!
Un Joaquin Phoenix sommesso, balbettante, esitante (a cui grazieadio è stato risparmiato il ricorso all’istrionismo, funzionale in Joker) tuttavia è l’antitesi di un condottiero quali che siano i suoi possibili punti deboli o talloni d’Achille che dir si voglia. Anche in battaglia manca di autorevolezza, assertività, carisma. E il carisma e il fascino che indubbiamente – a torto o a ragione – esercitava, è il tassello mancante, o meglio l’asse portante che mina l’intera struttura filmica e di cui si avverte enorme l’assenza.
Un Ridley Scott che si riscatta nelle battaglie al netto della precisione storica. Un impiego di forze notevoli per chi ha imparato a memoria la messa in campo kubrickiana, da Spartacus a Barry Lyndon. I soldati cadono come mosche ma non c’è indugio né spettacolarizzazione della morte. La morte è già orrenda di per sé. Dover serrare le fila per coprire lo spazio vuoto lasciato dai compagni caduti, marciando in avanti senza esitare o peggio arretrare è già immagine concreta e tragica di una guerra che miete in pochi istanti centinaia di vittime, decimando gli eserciti, in una conta numerica sempre tragicamente approssimata per difetto. Ma forse non basta, deliziare il palato ottico di chi intravede la trasposizione pittorica di certe scene. alcune più sfumate, altre più didascaliche come l’incoronazione che si autocita immortalando Jacques-Louis David preso a dipingere alacremente per non perdere alcun dettaglio della scena in guisa di alcune rappresentazioni iperrealistiche che sfidano il vero surclassandolo per dovizia di particolari nascosti ai più.
Dovendo questionare anche il trucco – di Giuseppina in primis – appare fuori tempo e più vicino al carico massivo dei vari peplum che non ispirato a una moderna scelta di sobrietà cosmetica.
Ma il vero assassino di questo film – che come in un episodio del Tenente Colombo si rivela sin dalle prime battute – è la scrittura. La sceneggiatura vacilla. Pur nella dilatazione dei tempi si ha sempre la sensazione di scambi di battute telegrafici, di botta e risposta buttati in campo, privi di spessore e di consequenzialità. Potrebbe la versione “extended” garantire maggior senso e coerenza? Non credo che la ghigliottina della versione presentata abbia decapitato la testa di un pensiero che non riesce a manifestarsi né a lasciar traccia di un qualsivoglia passaggio.
Da ultimo, consegnare Napoleone alla storia “solo” come un dittatore, in grado di sedersi al tavolo dei “grandi” tiranni per numero di vittime è un atto arbitrario e storicamente fuorviante. L’Europa dell’epoca era una continua lotta feroce per la supremazia. Nessuno guardava in faccia a nessuno. La guerra èra comunque sanguinaria e tutti erano pronti a combatterla contro tutti. Ogni regnante era pronto a mettere in gioco le vite dei propri sudditi per conquistare altri territori, assoggettare altri stati e avere sempre più maggior potere e predominio.
Senza aggrapparci al facile ricorso ai fasti passati, occorre dire che forse, pur nella ostinata controversa scelta di perpetrare una sorta di vendetta a posteriori, Ridley Scott compie un passo falso, non supportato da un cast spaesato e confuso che in assenza di logica replica dei contro cliché per una messa in atto alla berlina di colui che la storia personale vuole inviso per delle vicende che coinvolsero antenati illustri ma che per storia epocale non fu niente di meno che un personaggio formidabile protagonista assoluto dei suoi anni come pochissimi altri in passato e nei secoli a venire.