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[SPECIALE] POVERE CREATURE! | O dell’esperienza e della libertà

Titolo originale: Poor Things
Regia: Yorgos Lanthimos
Anno: 2023
Produzione: Stati Uniti d’America, Regno Unito

una recensione a cura di Chiara Lepschy e Giuseppe Minerva

A cinque anni dal successo di pubblico e critica tributato a La favorita, Yorgos Lanthimos torna in sala con un film che ha raccolto ben undici candidature per la notte degli Oscar ed è stato premiato sia alla 80° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (Leone d’Oro), sia ai recenti Golden Globe (miglior film e miglior attrice – Emma Stone – nella categoria film commedia o musicale). Il risultato è all’altezza delle molte aspettative, trattandosi di un’opera densa e stratificata, degna di approfondimento in ogni suo aspetto: regia, cast, fotografia, musica e tematiche, oltre che per il ricco e complesso immaginario a cui si richiama.

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Il film racconta la storia di Bella Baxter (Emma Stone), la cui esistenza – frutto dell’audacia e della fede nella scienza del dottor Godwin Baxter (Willem Dafoe) – ed evoluzione personale rappresentano un percorso di crescita ed emancipazione fisica, mentale e intellettuale. Bella, il cui corpo è quello di una giovane suicida riportata in vita con una modalità che sarà chiarita nel corso della narrazione e che la rende una bambina in un corpo adulto, è studiata e analizzata in ogni sua espressione dal padre adottivo Godwin Baxter, che al manifestarsi dei primi impulsi sessuali della giovane donna decide di prometterla in sposa a Max McCandles (Ramy Youssef), studente di medicina e suo assistente. Ma l’incontro con l’avvocato donnaiolo Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), chiamato da Godwin per redigere il contratto di fidanzamento, scompiglia le carte e funge da innesco sia per le rocambolesche (e a tratti comiche) avventure della giovane, sia per la sua crescita interiore. Durante il suo peregrinare, Bella non solo visiterà il mondo (Lisbona, Alessandria d’Egitto, Parigi) navigando su un grande battello, ma incontrerà persone che le schiuderanno le porte della cultura e della filosofia, con il correlato di tragica realtà e dolore che esse portano con sé. Bella non sarà più la stessa e la sua rapida e incontrollabile evoluzione – intrapresa inizialmente attraverso la frenetica e creativa liberazione sessuale a cui la introduce Duncan – la trasformerà in una persona completamente diversa. Il ritorno a Londra sarà l’occasione per un ultimo e liberatorio incontro sia con il padre adottivo, sia – e soprattutto – con un altro personaggio che permetterà di comprendere di più sulla donna che ha precedentemente abitato il suo corpo.

Povere creature! si apre con una scena di indubbia forza e stile, che costituisce il prodromo dell’intera macchina narrativa. Da lì in poi il film prosegue senza soluzione di continuità con un potentissimo combinato disposto di immagini e musiche, che ne connoteranno la cifra stilistica per tutta la durata. Per ottenere una visionarietà di ancor maggior effetto, Lanthimos ricorre a un’estetica steampunk di ambientazione vittoriana, dove la coesistenza di capi d’abbigliamento (con l’eccezione di Bella) e di architetture tipicamente ottocenteschi con tecnologie avveniristiche del tutto fuori epoca, segna indelebilmente il contesto. Si pensi, a questo proposito, alle teleferiche che si vedono solcare il cielo di Lisbona e, soprattutto, alle forme della nave su cui viaggiano la protagonista e Duncan Wedderburn, quasi un immaginane da manifesto futurista. A tutto ciò si affiancano l’uso di obiettivi a grande o grandissima apertura estremamente distorcenti (anche se talvolta appare una sorta di vista “a spioncino” che evoca forse una visione diretta del regista o dello spettatore sulla scena) e una musica ricca di dissonanze. Obiettivi grandangolari e colonna sonora si rivelano particolarmente efficaci, specie nella prima parte del film, nel creare un’atmosfera gotica quasi sospesa tra magia e alchimia, pur essendo Godwin Baxter un medico e uno sperimentatore interamente votato alla scienza e alla razionalità.

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Per tutta la sua considerevole durata, il film di Lanthimos ruota intorno al tema guida di liberazione/libertà e al suo esercizio, facendo leva sulla contrapposizione fra il desiderio di possesso tipicamente maschile (argomento oggi al centro dell’attenzione, a cui l’autore strizza forse l’occhio) e l’anelito alla possibilità di conoscere e sperimentare il mondo non fra le mura di un laboratorio ma nella vita di ogni giorno (e a questo proposito sarà Godwin Baxter a dare un luminoso e inaspettato esempio di apertura, passando dalla veste di possibile oppressore a quella di educatore illuminato). Punto fondamentale del discorso politico e filosofico del regista è che la crescita di un individuo può avvenire esclusivamente attraverso le esperienze, che quanto più sono molteplici e variegate tanto più arricchiscono la persona. I condizionamenti sociali e morali che sono alla base della convivenza civile possono, però, prendere la forma di veri e propri tabù che condizionano negativamente la vita dell’individuo. Ciò è vero in particolare per il sesso, assolutamente negato in epoca vittoriana ma che, nonostante tutto, non si può dire del tutto emancipato neanche ai giorni nostri, soprattutto per quanto riguarda la donna, che certamente all’epoca – ma in misura minore anche oggi – risente delle pressioni di un’idealizzazione che la vorrebbe angelica e votata alla famiglia. Bella Baxter, educata dal positivista Godwin, non risente di questi condizionamenti e inizierà il percorso di presa di coscienza proprio a partire da una sessualità vissuta in modo giocoso. Bella prenderà atto dapprima delle potenzialità sensoriali e fisiche del suo corpo e poi dell’esistenza di un universo che non gode della sua stessa fortuna e dei suoi stessi privilegi, a cui la protagonista si avvicina prima attraverso la lettura grazie all’incontro con una strana coppia di viaggiatori – Martha (Hanna Schygulla) e Harry Astley – e poi con la visione della suburra di Alessandria d’Egitto, dove povertà e morte regnano incontrastate.

Il viaggio fisico e spirituale di Bella Baxter si concluderà con il ritorno a Londra ma anche, e soprattutto, con la scoperta della propria vocazione di medico e scienziato, che costituisce – senza cadere nello scientismo – un messaggio positivo di fede nella Scienza in un momento storico – il nostro – in cui di passi indietro sotto questo profilo se ne sono fatti davvero molti.

Ottima performance del cast nel suo complesso e in particolare di Emma Stone, certo aiutata da un ruolo che – in quanto sopra le righe – permette di mettere in mostra le sue indubbie qualità. Bravissimo e di sicuro impatto Willem Dafoe – il cui trucco prostetico contribuisce a rafforzare un aspetto inquietante di fondamentale importanza nella prima parte del film – e sorprendente Mark Ruffalo, che dà vita ad un “Casanova” Duncan Wedderburn con venature tra il comico e il grottesco.

Bella, infine, la fotografia di Robbie Ryan, già al fianco di Lanthimos in La favorita, nonché collaboratore di Ken Loach negli ultimi cinque film e di Noah Baumbach in The Meyerowitz Stories e Storia di un Matrimonio.

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