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[SPECIALE] NAPOLEON | Ritratto antieroico di un mito

Regia: Ridley Scott

Anno: 2023

Produzione: Stati Uniti d’America, Regno Unito

una recensione a cura di Chiara Lepschy e Giuseppe Minerva

Girare un biopic non è mai semplice, poiché al termine della sua visione è certo che gli spettatori si divideranno fra chi non ha ritrovato il personaggio storico in quello cinematografico, chi non ha riconosciuto l’aura del mito studiato sui sacri testi, chi non ha visto traccia del suo vero spirito o della sua anima, chi della sua vita, chi dell’ambiente culturale e sociale in cui si è mosso, ecc.. Non poteva quindi far eccezione l’opera su una delle figure più ingombranti con le quali un regista e uno sceneggiatore si possano cimentare, nella fattispecie quella del Grande Corso.

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Inoltre non è certo facile ripetere i fasti del passato quando fra i primi tre film girati in carriera vi sono Alien (1979) e Blade Runner (1982) e ai primi vent’anni di attività appartengono anche Thelma & Louise (1991) e Il Gladiatore (2000), anche se alcuni difetti di Napoleon si possono trovare in parte già in quest’ultimo.

Per i motivi citati, Napoleon di Ridley Scott è un film che può deludere lo spettatore: in particolare, il difetto più grande è voler abbracciare un periodo temporalmente troppo lungo, dall’ascesa al definitivo esilio e quindi alla morte sull’isola di Sant’Elena. Per quanto la durata del film sia notevole – oltre due ore e mezza – è comunque insufficiente per riuscire a rendere le vicende storiche in modo approfondito. Nel corso del film si ritrova molto dell’immaginario legato a Napoleone: il genio strategico, la stima dell’esercito guadagnata sul campo, l’estrema differenza con la concezione di comando degli eserciti tradizionali, in particolare quello inglese, le campagne vittoriose e i fallimenti, l’auto-incoronazione, tutti aspetti che – però – sanno un po’ troppo di “Bignami” per la velocità con cui sono inevitabilmente trattati. Attraverso questa chiave di lettura, cioè semplificare e far scorrere in fretta l’orologio della storia, vanno probabilmente letti gli errori storici e le ricostruzioni fantasiose, fra le quali spiccano i colpi di cannone diretti verso le piramidi della piana di Giza.

Ad essere poste sotto la lente d’ingrandimento del regista, sono state – invece – soprattutto le relazioni con le donne della sua vita, la madre – sullo sfondo ma sempre ben presente – e Giuseppina di Beauharnais, la donna più amata nonostante la dichiarazione di nullità del matrimonio. Ma anche in questo caso, non riescono ad emergere del tutto le caratteristiche del suo rapporto con la consorte, di sei anni più anziana, che affiancò il proprio esperto ascendente a quello della madre del futuro imperatore. Ne emerge un Napoleone un po’ ridicolo – e forse imbelle – nei rapporti con le donne, in generale un uomo che fuori dal mondo delle strategie belliche si muove con grande difficoltà, almeno secondo il quadro che ha voluto tratteggiarne Ridley Scott.

Il film non mostra, fra l’altro, la grande delusione che egli rappresentò per molti speranzosi intellettuali, rivoluzionari e democratici d’Europa, che dalla sua auto-elezione a imperatore trassero le più nere conclusioni (si pensi alla potenza musicale della Sinfonia n° 3 “Eroica” di Ludwig van Beethoven – composta per celebrare il Napoleone repubblicano – in cui fu introdotta una Marcia Funebre per sottolineare l’inattesa evoluzione del Bonaparte, che qualche mese prima della rappresentazione in pubblico della sinfonia si incoronò imperatore). Anche se, pur non affrontando direttamente questo aspetto, il regista dà comunque una lettura tetra e antieroica del protagonista: le atmosfere plumbee permeano tutto il film in cui non splende mai un raggio di sole, per una vicenda simbolicamente racchiusa tra due morti: quella di Maria Antonietta e quella di Napoleone. Il film, non a caso, si apre con una frase che recita più o meno così: “Le persone sono spinte dalla miseria alla rivoluzione e dalla rivoluzione alla miseria” e si chiude con un tristo elenco dei caduti in battaglia nelle campagne napoleoniche.

In definitiva un film ambizioso, caratterizzato da grandi scene di battaglia e permeato da un’aura cupa, ma troppo discontinuo e a tratti forse un po’ grottesco e caricaturale – si pensi ad esempio al ridicolo gesto del protagonista di sistemarsi meglio sul capo la feluca prima di dare il là al cannoneggiamento – che fa pensare maliziosamente che le origini inglesi di Ridley Scott abbiano pesantemente influenzato la lettura del personaggio storico.

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