Regia: Matteo Fresi
Anno: 2021
Produzione: Italia
una recensione a cura di Umberto Mosca
Ci sono molti modi per leggere questo film. Il primo, che riguarda la dimensione della metafora, ha a che fare con la rivelazione di quelle correnti sotterranee che portano alcune comunità umane, nell’Italia di ieri come nell’Italia di oggi, a ignorare totalmente le leggi dello Stato dando vita a un ordine delle cose parallelo e sostitutivo. La storia di una faida familiare nella Gallura di metà Ottocento, rispetto alla quale nulla possono sia la chiesa che la monarchia, è il formidabile paradigma mitico di tendenze e tensioni che oggi non si sono affatto estinte.
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Un altro modo per leggere questo film riguarda l’impatto espressivo con cui i fatti in questione vengono trasformati nella dimensione superiore dell’archetipo, con l’ambiente naturale rappresentato attraverso la sua ancestrale energia, composta di pietre e di arbusti, di rabbia e violenza bestiale, in un equilibrio tra paesaggi e personaggi certo non semplice da mantenere.
Il muto di Gallura, inoltre, è senza dubbio un omaggio più o meno consapevole a quella fisicità eccedente ed esibita che caratterizzava molto “nuovo cinema” degli anni Sessanta, in particolare quello brasiliano e quello italian western.
Infine, aspetto ultimo ma non certo minore, il film di Fresi è un film prezioso, che aggiunge una prospettiva di sguardo su quel nostro grande mito fondativo che è il Risorgimento, ignorato ed evaso dal cinema italiano contemporaneo, così come la Resistenza.
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