ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

[TFF40] LA LUNGA CORSA | Sbarre aperte

Titolo internazionale: Jailbird

Regia: Andrea Magnani

Anno: 2022

Produzione: Italia, Ucraina

una recensione a cura di Liliana Giustetto

Mondo, un duro carcerato, si sta facendo tatuare “Rosa” su un braccio. Il nome della figlia che sta per nascere alla sua compagna, carcerata pure lei. 

Tuttavia nascerà un maschio, quindi lo chiameranno Giacinto, che “è sempre il nome di un fiore”.

Giacinto cresce in carcere, con la protezione di Jack, guardia carceraria, balia e papà sostitutivo (visto che i genitori spariranno presto dalla sua vita). Il piccolo passa attraverso le sbarre dove gli altri devono aprire cancelli e corre dove i cartelli avvertono che è proibito. 

Allo scadere del tempo massimo previsto dalla legge, Giacinto deve lasciare la prigione. Come regalo riceve, da Jack, un orsacchiotto vestito da guardia carceraria e viene affidato ad una comunità religiosa dove fa la conoscenza di botte e bullismo.

Giacinto è un bambino sognatore che non conosce né vuole conoscere nulla al di fuori del carcere e cerca ogni metodo per tornarci. La sua migliore amica è la detenuta più pericolosa, The Rock,  una psicopatica molto materna, il posto dove vuole vivere è la galera e nella corsa trova un modo per “evadere”. 

Un nuovo Forrest Gump, il cui motto è “chi corre sta scappando”, proprio quanto lui che non riesce a scappare. Solo il mare ha la meglio e riesce a trasportarlo via.

La lunga corsa racconta una storia che ci fa pensare a quanti modi di vivere esistano e che ci fa ricordare tutte le persone che passano l’esistenza in un carcere, dietro o davanti alle sbarre. Tutto nel film ha l’aspetto di qualcosa che non cambia mai, dagli autoveicoli datati, ai lavori stradali che durano dieci anni!

È questa staticità che Giacinto deve riuscire a vincere…

Una favola tenera e ingenua dove non è però difficile scorgere verità dure e  dolorose. Per i carcerati, per i loro figli nati lì, per le guardie carcerarie che meno prigioniere non sono. Persino per i direttori delle carceri che, a volte, nascono, crescono e lavorano dietro quelle sbarre. Sbarre che per noi non significano o rappresentano pressoché nulla, ma che per molti sono tutta la vita, da qualsiasi parte le guardino. Ormai quasi dimentichi del motivo che li ha portati lì dentro.

Questo film è un’opera fatta di immagini emblematiche più che di parole. Va detto, tuttavia, che si tratta di un’elaborazione che tende a semplificare e addolcire sin troppo, in quel suo abbracciare totalmente il sogno e la storia bella, che sembrerebbe non avvicinarsi mai alla realtà vera e calcare la mano sul buonismo e l’ingenuità, proprio in un ambiente dove l’ingenuità non è di casa.

 
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