Titolo internazionale: Piety
Regia: Eduardo Casanova
Anno: 2022
Produzione: Spagna, Argentina
una recensione a cura di Elena Pacca
Un cordone ombelicale mai reciso lega strettamente e strenuamente madre e figlio nell’allegorico e iperbolico scenario de La Piedad. Un film coreografato come un balletto coreano, in cui tutti si muovono come i vetrini del caleidoscopio a comporre una sequenza di immagini tableau vivant che incorrono in una sorta di glaciazione rabbuiante sullo schermo, quando non a formare quasi il simbolo iconico di un coronavirus. Il rosa invasivo e pervasivo è il colore simbolo di quell’amore fatto di abnegazione e sacrificio avvolgente come un bozzolo e al pari stringente. Mateo è costretto a sopportare l’amore materno di cui subisce sia l’attrazione, sia la repulsione. Si mangia poco e si vomita tanto. Come se la reazione dell’organismo fosse l’unica possibile per ribellarsi, attraverso un rigurgito liberatorio. Libertad (una strepitosa e ieratica Angela Molina), la madre, è una premurosa aguzzina che tiene a sé questo figlio cresciuto e che forse provoca quella letale malattia di cui essa stessa vuole farsi carico come una gravidanza isterica un uomo. Già, perché la madre si chiama ironicamente Libertad – cioè quanto essa stessa non concede, né si concede, ma di cui può disporre per gli altri a proprio piacimento e godimento, al pari di uno stato dittatoriale che priva i suoi cittadini/figli dei diritti e della possibilità/capacità di emanciparsi e di autodeterminarsi. Non dimentichiamo, prima di irridere le dittature altrui, che la Spagna lo è stata sino a non molto tempo fa. Un film che sfodera un monocromatismo asfissiante che mette a dura prova le nostre pupille, come alla mercè di un Wes Anderson disturbato. L’eccesso barocco, la metafora spinta, il parallelo risibile della dittatura nordcoreana, ambiscono a traguardi alti – che denotano personalità e una propria originalissima voce narrativa – forse non immediatamente comprensibile, ma il piacere della visione può essere apprezzato fine a sé stesso, lasciandosi trascinare in quella storia che nasconde tante storie, tante sfumature non così rosee.