ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

[TFF40] MAN AND DOG | Siamo umani, corporei, fisici

Titolo originale: Om-Câine

Regia: Stefan Constantinescu

Anno: 2022

Produzione: Romania, Bulgaria, Svezia, Germania

una recensione a cura di Deborah Gallo

Man and dog. Uomo e cane. Lealtà, fedeltà: un rapporto che rifugge dal tradimento e dall’inganno, quello tra questi due esseri viventi.
Doru, il protagonista, e Amza, il suo cane, vivono lontani la maggior parte del tempo, eppure in perfetta armonia. È necessario portare in scena, rappresentare attraverso l’immagine filmica il loro legame: chiaro, naturale, genuino; in modo da comprendere anche quanto sia, invece, antitetico quello tra Doru e sua moglie Nicoleta.

Il protagonista, costretto ad emigrare in Svezia per lavoro, deve allontanarsi dalla moglie e dalla figlia. Le aspettative lavorative spesso non vengono soddisfatte, e come ci si aspetta sarà dunque necessario restare fuori casa per più tempo. Nel frattempo, però, le dinamiche famigliari possono cambiare, alle volte anche drasticamente.
Il regista affronta sapientemente il dramma della lontananza dalla patria e dal nucleo famigliare, della gelosia e dell’incomunicabilità tra l’uomo e la donna, che sembrano non riuscire mai a capirsi, nemmeno quando provano a dialogare, ma che trovano, invece, il loro unico punto di contatto — e di comprensione — nel silenzio, nel non detto, in un abbraccio. Un atto fisico, quindi, che non necessita di interpretazioni, con cui si riesce a trasmettere all’altro la propria inclinazione amorosa, i propri sentimenti nella loro forma più autentica, senza che possano essere distorti, deformati, falsificati dalle parole. Un gesto corporeo, concreto sul quale si basa, anche, il rapporto tra l’uomo ed il proprio cane.

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Stefan Constantinescu indaga abilmente le dinamiche di coppia, i conflitti che spesso si creano tra l’uomo e la donna e che talvolta possono essere reali, ma anche immaginari. Doru è tormentato dalla possibile infedeltà di Nicoleta, fatica a rimanere lucido, a mantenersi integro, mentre si affanna alla ricerca di una risposta, e tormenta chiunque pur di risolvere ogni suo dubbio, di venire a conoscenza dei fatti. La macchina da presa di Constantinescu segue il protagonista ininterrottamente, in un moto perpetuo attraverso il quale, seppur seduti sulla poltrona rossa del cinema, riusciamo a percepire ogni fatica, tutto l’affanno, il dolore di un’indagine volta a trovare la verità.

Una verità che alla fine gli consegna Nicoleta stessa e che, dopo tanto rumore, Doru pare ascoltare in un silenzio contemplativo, con arrendevolezza. Nicoleta ammette il tradimento e in una conversazione, surreale quanto grottesca, il protagonista indaga sempre più a fondo, spinge il coltello nella piaga, con un sordo piacere, chiede senza porsi limiti ogni dettaglio del — anzi degli — amplessi della moglie con l’amante. Doru sguazza in quella verità, sembra essere a proprio agio nell’ascolto, non tanto del racconto dell’infedeltà, ma della verità che lui aveva già dato per assodata, a prescindere.

Alla fine, tuttavia, basta un abbraccio, il calore di un contatto fisico, tangibile, concreto, reale, per porre fine ad ogni lotta tra i due, per sentirsi nuovamente amati in maniera reciproca, senza riserve. Si riduce tutto alla necessità di toccarsi, di sentire sotto le mani e sulla pelle il calore del corpo di un altro essere umano, che sia in un abbraccio tra due persone o in una carezza fatta al proprio cane, per comunicare e riuscire a percepire l’amore che lega, indissolubilmente, due esseri viventi.

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