ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

[TFF41] DANCE FIRST | A journey to your shame

Regia: James Marsh
Anno: 2023
Produzione: Stati uniti d’America

una recensione a cura di Elena Pacca

L’accademia di Stoccolma lo ha appena proclamato vincitore. E allora si dà alla fuga Samuel Beckett, si inerpica, rischia di cadere, si incunea e raggiunge una specie di cripta. È al sicuro, ha evitato la catastrofe. No, non è in salvo perché con lui è scappato anche il suo alter ego, la sua coscienza, cattiva o no chissà, che lo inchioda a fare i conti con il suo passato, con chi era e chi è diventato. Inizia un excursus a ritroso, interiore ed esistenziale in cui vediamo Samuel bambino vessato dalla madre, rimasto presto orfano dell’amato padre e poi Parigi, perché Parigi è il centro del mondo. Il legame con Joyce e sua figlia Lucia matta da legare che voleva solo ballare, e l’incontro con Alfred Péron compagno di ideali che morirà per essi e con Suzanne sprone e compagna di e per una vita. La guerra, la resistenza, scrivere scrivere scrivere perché hai talento, non arrenderti dice Suzanne e la spunta e all’insegna del no matter, try again, fail again, fail better, dopo i rifiuti lui ce la fa. E poi arriva Barbara un altro amore, redattrice e traduttrice prima a Londra e poi in condivisione, a Parigi. E poi c’è la vita che va avanti nonostante tutto, nonostante i demoni, i compromessi e gli affanni del vivere. E la felicità, quel momento irripetibile che giunge quando lui ancora non lo sa. Glielo dice Suzanne guarda, è qui, è ora. Non ce ne sarà mai un’altra così grande, così intensa così unica come adesso, anche se dobbiamo scavare la terra per trovare un po’ di patate da mangiare. Essere insieme è tanto, ma non è tutta felicità. La resa dei conti è servita. La vecchiaia è un incedere lento e pesa quanto le borse della spesa da portare su con fatica lungo le scale e sopra ci sarà lei, Suzanne ad attenderlo che gli dirà ancora una volta che così non va, che si fa infinocchiare dai commercianti, che le pesche sono dure, perché più che un legame il loro è “una saldatura infelice”. La vita come un nastro srotolato e ripreso in mano dall’inizio, venato dai ricordi, la nostalgia, i sensi di colpa e i rimorsi. Il bilancio di un uomo che si è preso il mondo a modo suo e ne ha pagato le conseguenze morali, intellettuali e sentimentali, infliggendo a chi gli stava intorno il carico ineludibile delle sue scelte. 

Il pavimento di un appartamento vuoto, dismesso può contenere un abbraccio gigantesco, l’ultimo saluto, un addio imperativo e struggente e un amore che ha sconfitto il tempo e le convenzioni? Coricandosi vicini può. 

Gabriel Byrne è pasta di vetro che si soffia, prende forma, si compone e si frantuma. Gli altri attori incarnano accuratamente le età che si susseguono senza soluzione di continuità. Il risultato è un commovente ma sobrio – a tratti ironico – ritratto che illumina un uomo per cui lo scrivere pericolosamente è equivalso al vivere intensamente.

Aspettando la vita, dance first, think later.

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