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[TFF41] WHITE PLASTIC SKY | Cambiare è un nuovo inizio

Titolo originale: Müanyag égbolt

Regia: Tibor Bánóczki, Sarolta Szabó

Anno: 2023

Produzione: Ungheria, Slovacchia

una recensione a cura di Chiara Lepschy e Giuseppe Minerva

White Plastic Sky presentato nella sezione Encounters della Berlinale è un film d’animazione per adulti ambientato in un futuro distopico.

Siamo a Budapest nel 2123: nel mondo non esistono né piante né animali e gli esseri umani sopravvivono sotto cupole trasparenti (alle quali si richiama il titolo del film). In queste condizioni di limitatezza delle risorse, gli esseri umani non possono superare i cinquant’anni d’età, dopo i quali viene loro impiantato un seme che le trasformerà in breve tempo in alberi, fonte di ossigeno e di cibo per chi è in vita. Gli alberi, però, devono essere costantemente rinnovati poiché, dopo alcuni anni, producono una sostanza tossica al posto dell’ossigeno a causa della fioritura. Protagonisti della vicenda sono un giovane psichiatra – Stefan, che lavora per far accettare alla gente questa organizzazione di vita esaltandone la componente altruistica – e la moglie Nora che, pur essendo ancora molto lontana dalla fatidica data, decide di offrirsi volontariamente per l’impianto, non avendo superato la morte del figlio. Stefan cercherà di salvare la moglie sottraendola alla piantagione in cui è già stata inserita e portandola, con una fuga spettacolare tra paesaggi desolati, in un laboratorio nei monti Tatra dove lo scienziato che ha ideato il metodo del seme potrebbe essere in grado di invertire il processo. 

La storia tocca diversi temi importanti: la questione ambientale che ha portato alla distruzione del pianeta, l’antico dilemma etico tra il bene del singolo e quello della comunità ma – e soprattutto – è presente un forte sottotesto politico legato al delicato contesto ungherese (e sempre più dell’intera Europa): la cupola, infatti, rappresenta una chiara metafora della politica isolazionista dell’attuale governo di Budapest. Il finale osa suggerire una soluzione radicale che comporterebbe un autentico nuovo inizio per il pianeta, frutto di quella contaminazione e ibridazione che la storia narrata – e metaforicamente l’attuale momento politico mondiale – rifiuta alla radice.

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