ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

TOHORROR FANTASTIC FILM FEST 2023 | Un breve excursus

una recensione a cura di Elena Pacca

MAD CATS di Reiki Tsuno, 2023

Mad Cats

Una grande capacità visuale regala il punto di vista migliore di tutto il film. Una splendida cornice attorno a un quadro che si prende per quel che è. O dentro o fuori è il patto per attraversare una demenzialità assurda che si concentra su personaggi un po’ così, accrocchiati per sbaglio che scarseggiano per empatia. A partire dall’adorazione dei giapponesi per i gatti, per la loro magia, si muove una storia che storia non è nonostante il richiamo a una scoperta archeologica, ma una sequenza di scene strampalate, dove c’entrano le pappe per gatti, i negozi che le vendono, una sete di vendetta e un gruppo di creature paragattesche (ma la gattitudine è poco pervenuta) per un pastiche che non graffia come vorrebbe e come ci si aspetterebbe e che alla fine, più che miao, boh.

CONANN di Bertrand Mandico, 2023

Screenshot 20231024 1325262

Le sanguinarie creature che abitano l’universo di Conann, sono degne compari di quelle al soldo di Bill, ma Tarantino si muove su altri mondi pur condividendo con Mandico un’idea di cinema assolutamente personale, da perseguire strenuamente, da difendere e propugnare e chissenefrega degli altri. Immersivo, claustrofobico nel suo tentacolare dipanarsi di una storia che vede l’eroina protagonista attraversare le diverse fasi della sua vita uccidendo la propria precedente versione di sé, in una mutazione genetica che sostituisce l’involucro che sempre la contiene come la pelle di un serpente. C’è tanta carne al fuoco in Conann rivisitazione del mito di Conan il Barbaro al femminile, dove un cerbero cane umanoide accompagna l’avventura infernale quanto basta attraverso le epoche come un Virgilio crudele. Scenari luminescenti, atmosfere cangianti con un occhio ai tableau vivant di David La Chapelle e alla Cavani de Il portiere di Notte e un’estetica a tratti da Versace d’antan, Conann apparecchia un’ultima cena/resa dei conti dove il nutrimento dell’anima – e del tornaconto economico – passa attraverso la carne.

THE NATURE MAN di Noh Young-seok, 2023

Screenshot 20231024 1505552

Un bosco, un’esplorazione, due ragazzi, una videocamera per creare contenuti da condividere e incrementare le visualizzazioni. Un incontro per lo meno inconsueto con un abitante del luogo isolato dal mondo che si nutre di radici e animali cacciati e una strana marmellata di sale. Gli ingredienti sono serviti. Stranezza dopo stranezza si aggiungono elementi spuri, apparizioni, liquori millenari e incomprensioni. Sarà tutto vero? Un sogno? Un sogno sì, ma non quello che pensavamo. Molto più prosaico e meno onirico. The Truman Show è passato di qui, nella versione aggiornata e social. Un esperimento che intraprende la strada dell’istant movie, cavalcando l’onda di un momento in cui la connessione – né con sé stessi, né con la natura – è tutto. Diverte senza colpo ferire, impreciso nel montaggio e con un epilogo che poteva esser tirato più per le lunghe date le tempistiche dilatate in precedenza. L’inganno è da chi a chi? Vincono un po’ tutti alla fine. Tranne, forse, gli spettatori.

KICK ME di Garry Huggins, 2023

Screenshot 20231024 1354352

Make America Sad Again. Un frenetico slapstick che si srotola in un giro di giostra lungo un giorno e una notte che cambieranno per sempre la vita di Santiago consulente scolastico riconosciuto per la sua capacità di dialogare con i ragazzi, di saper creare ponti per attraversare le incognite della vita e che si trova suo malgrado invischiato in una situazione kafkiana in cui tutto ciò che potrebbe non girare in effetti non gira e lo allontana sempre di più dall’obiettivo iniziale: assistere, come promesso alla dubbiosissima moglie, alla recita scolastica della figlia e consegnarle il regalo a sorpresa, un tenero coniglietto. Nonostante l’assurdità della storia, introdotta dal caracollante cane a tre zampe, si rimane incollati, facendo il tifo per un personaggio che non sa dire di no, che si fa in quattro per tutti, a discapito dei suoi interessi, sino a rimanere (non solo metaforicamente) in mutande preda di una sequela di eventi che lo catapultano ovunque, ma che lui affronta senza perdere coraggio o dignità, con l’ossessione di portare a termine la sua missione, nonostante tutto e tutti, nonostante alla fine, il candido pelo del tenero coniglietto sia striato di rosso, memore di quel sangue che è scorso a profusione – insieme ad altri liquami – per tutto il film. E, nel mentre, si ascolta pure la Pavane di Fauré. 

ABRUPTIO di Evan Marlowe

Screenshot 20231024 1345362

La mimesi facciale derivata da una sorta di maschera sovrapposta al corpo insinua da subito un’inquietudine altamente weird. Una storia di ordinaria follia che prende vita da un anonimo impiegato che si trova al centro di una vicenda che lo condurrà in ogni dove a commettere azioni che mai avrebbe pensato di poter commettere, reso succube dal ricatto concreto e moralmente abietto (per ciò che lo costringe a fare) di avere una bomba installata dietro al collo, pronta a deflagrare alla minima disubbedienza. Una inevitabile discesa agli inferi in cui interviene anche una razza aliena che vuole creare una nuova stirpe dominante. Questi pupazzi ad altezza naturale nascondono le debolezze, le paure, le inadeguatezze di un genere umano prostrato da un mondo che fagocita i rapporti, l’umanità e sembra senza speranze. Ma. Tra il proseguire verso un finale sempre più disillogico e in linea con il dettato che tutto può succedere perché basta pensarlo, Marlowe sceglie la svolta, l’imbocco della giusta uscita autostradale, quella che riporta tutto a una dimensione umana. Dove non tutto è perduto. C’è chi pensa a noi, e non è un’entità sovrannaturale, ma è una piccola comunità di persone che tiene davvero a noi, che farebbe di tutto sì, pur di salvarci, quale che siano le conseguenze che ciò comporta. La liberazione da quell’orrendo immaginario è una confessione. Una reclusione di acquisita libertà.

PERPETRATOR di Jennifer Reeder, 2023

Screenshot 20231024 1413172

Teen college movie che prova a dare un tocco personale a una storia molto vista e già sentita. Un coming of age a tinte femministe che segue un gruppo di ragazze alle prese con delle misteriose sparizioni. Jonny la nuova compagna di classe di origine afro americana arriva nella nuova scuola con un carico pregresso ed è in affido alla zia assai inquietante, interpretata da Alicia Silverstone algidamente luciferina, stile strega di Biancaneve. Dopo aver assaggiato una torta della zia si accorge di subire uno strano morphing – facciale ma non solo – che la sorprende davanti allo specchio. C’è molto rosso. C’è molto sangue che scorre, inarrestabile come le frequenti epistassi. Il sangue scorre ma trattiene perché è legame ancestrale, ereditario. Crescere vuol dire cambiar pelle, trasformarsi, essere sé stessi ma diversi da prima e, in questo caso, la trasformazione avviene attraverso un processo esteriore non dettato dai classici canoni sessuali riconoscibili, ma attraverso un’alterazione morfologica di sé. C’è tanto, forse troppo in una scrittura che sembra voler contenere tutto e, come a non voler lasciare indietro nulla si comprimono cose in una valigia prima di partire, così qui si stipano tante idee a scapito di una maggior linearità d’indirizzo che avrebbe giovato al film.

TRIM SEASON di Ariel Vida, 2023

Trim Season

Date le premesse, un gruppo di ragazze, un bosco e un prologo che non lascia dubbi su un certo prosieguo, è assai difficile creare un nuovo scenario horror che non abbia un che di noto e riconoscibile. Di più, da Psycho in poi, i soldi facili si sa, non portano nulla di buono e, dunque, ci accingiamo a guardare un già visto perché sappiamo dove porterà. Non certo ai presunti benefici di quell’avventura lavorativa sul limitare di ciò che è legale e ciò che non lo è lungo i campi di raccolta della marijuana, in una California ripartita in farm concorrenti, come i vigneti in Langa. Ma non siamo sul piano dell’allucinazione. Ciò che si vede è reale. La manipolazione delle coscienze può avvenire in vari modi, anche attraverso il perpetuarsi di un potere che può trasferirsi lungo l’asse familiare, sacrificando i malcapitati (o le malcapitate, visto che siamo in un universo prevalentemente femminile in cui gli uomini sono presenze accessorie). Un immaginario non particolarmente originale dunque ma ben costruito, una dominatrice con fattezze alla Clara Calamai di Profondo Rosso, parimenti imperlata di collane importanti, per un film che poco aggiunge alla costellazione horror.

KING ON SCREEN di Daphné Baiwir, 2022

Screenshot 20231025 1230232

Una carrellata lungo tutta la letteratura di Stephen King che è un enorme corpus in parte già sceneggiato e pronto a passar di mano per essere trasposto sullo schermo. Aneddoti, racconti, ricordi, curiosità, messe in scena, ruoli e piccoli camei. Stephen King è lo scrittore assai prolifico – e per questo per diverso tempo snobbato dalla critica – che ha perseguito con ostinazione l’idea di scrivere ciò che voleva dire. Gli si vuole bene, everybody loves Stephen, si apprezza la sua sensibilità, la profonda umanità nel descrivere i personaggi e la loro storia, ciò che li ha condotti ad essere ciò che sono nel bene ma, spesso e volentieri, nel male. Le discrepanze con Kubrick e la sua lettura di Shining, le testimonianze che si susseguono come in una ipotetica staffetta il cui passaggio di testimone segna le tappe di un immaginario che è stato messo in scena da film, serie e versioni televisive che sono state più o meno fedeli all’originale, ma che hanno creato mondi paralleli all’autore, fatti di amicizia, e collaborazioni che hanno ormai attraversato decenni. King ha fatto dialogare fra loro generazioni diverse, in una realtà profondamente americana ma anche universale, nel suo essere, la provincia statunitense, così lontana e, al tempo stesso vicinissima alla solitudine, alle paure e ai sentimenti di tutti noi.



CORSI ONLINE

Newsletter