ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

UPON ENTRY | Tutta la verità, nient’altro che la verità

Titolo italiano: Upon Entry – L’arrivo
Regia: Alejandro Rojas, Juan Sebastián Vasquez
Anno: 2022
Produzione: Spagna

una recensione a cura di Elena Pacca

Esordio alla regia che trae spunto da un’esperienza personale vissuta dagli autori. Settantaquattro minuti densissimi, dove non c’è spazio per una pausa. La costruzione di un incubo in cui una coppia composta da Diego di origine venezuelana ed Elena, catalana, precipita appena atterrata negli Stati Uniti, paese in cui pensano di svoltare e dar corso a quel sogno americano che anche se soltanto vagheggiato esercita un’attrazione e una fascinazione irrazionale ma presente, in grado di suscitare emozioni contrapposte: ansia ed euforia, timore ed entusiasmo.

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Un kammerspiel di ambientazione aeroportuale e un impianto da pièce teatrale che pone a confronto i due protagonisti con gli agenti dell’ufficio immigrazione che devono vagliare l’idoneità del loro ingresso nel suolo americano. L’inquietudine si fa palpabile a mano a mano che passano i minuti e in cui la via d’uscita dall’incubo e quella d’entrata sul territorio ambito sembrano allontanarsi e divergere sempre di più. Intrappolati, noi con loro, in un ambiente e una situazione claustrofobici, tali da far percepire la mancanza di fiato, il timore, lo sconcerto.  Un vago sentore di pregiudizio, una sorta di educata ribellione ai toni e alle circostanze e l’incalzare delle domande, prima semplici e banali e poi sempre più dirette e personali, iniziano a intaccare la struttura di reciproca conoscenza della coppia. Incomincia a delinearsi, non solo in chi interroga ma nello spettatore che osserva inosservato come dietro a quei vetri presenti in ogni immagine in cui viene rappresentata la stanza di interrogatorio, l’incertezza sulla veridicità di quanto raccontato, sulle intenzioni reali, sul non detto, su piccole o grandi omissioni che stanno per venire alla luce. La sicurezza e la solidarietà iniziali della coppia, il fronte comune, naturalmente opposto alle vessazioni sempre più pressanti degli agenti, presentano delle crepe, si insinua il tarlo del dubbio, che poi si adorna di scomode verità taciute. Ciò che sembrava solido si trasforma in un lento ma inesorabile processo di disgregazione. La resa dei conti è una bomba a orologeria il cui count down è scattato da subito senza che, per l’appunto, ce ne rendessimo conto. Il disinnesco non è liberatorio ma è gravato da un carico emozionale e personale che cambierà la prospettiva iniziale e inciderà sull’equilibrio di coppia.

Scrittura asciutta e altrettanto asciutta recitazione che non esplode nel melodramma e implode la sua potenza nell’irrigidimento soggettivo di fronte all’imprevisto, all’insospettabile, a ciò che non si è immaginato di dover affrontare. Tutti i protagonisti assolvono al proprio ruolo con perfetta sintonia di ingranaggi che si muovono nell’avanzamento del meccanismo. Una prova caratterizzata dall’essenzialità, disturbante, che assegna un’accezione ambigua al concetto di lieto fine.

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