un rapido sguardo sulla 78ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia
America Latina - Damiano e Fabio D'Innocenzo, 2021
I gemelli D’Innocenzo amano dare pugni nello stomaco allo spettatore, non lasciarlo in uno stato di rassicurante torpore. Se in Favolacce, a mio parere, il pugno era sovradimensionato agli eventi, qui è spiazzante. Con una sceneggiatura geniale tengono sulla corda chi guarda, lo confondono, lo mandano fuori strada, invitano ad investigare insieme al protagonista, salvo lasciare tutti alla fine spiazzati. Un bel thriller gothic horror, sottolineato da una azzeccata fotografia coi primi piani di Elio Germano superbo interprete.
Tiziana Garneri
Freaks Out - Gabriele Mainetti, 2021
Al primo, affilato come un aculeo, obbediscono gli insetti. Il secondo, vera attrazione circense, attrae anche il ferro. Sotto una coltre di crine, un po’ Chewbecca un po’ La Cosa, si cela la prestanza del terzo. Indugia assai ad accendersi definitivamente la quarta ed ultima, “galvanizzante”, luminosa, percorsa da una corrente (come lei alternata) in grado di generare una potenza ben al di là di quanto occorre per illuminare una banale lampadina.
Mainetti vuole coniugare il superhero-movie americano con le qualità del migliore cinema non solo italiano. Citazioni e riferimenti a piene mani.
Madres paralelas - Pedro Almodóvar, 2021
“Por mucho que se la intente silenciar, la historia humana se niega a callarse la boca”. Eduardo Galeano sigilla il finale del film ed è un sorso di acqua fresca di questi tempi di ignavia storica.
Come in una teoria degli insiemi, la storia pubblica si compenetra con quella privata, con un cammino a tratti parallelo come le madri del titolo, a tratti unito attraverso il cuore e la memoria familiare e civile di Janis, una sempre intensa e in parte Penelope Cruz. Film imperfetto, come le madri rappresentate da Almodóvar – non solo le due accomunate dalla contemporanea gravidanza che costituiscono l’asse portante del film – ma anche delle loro rispettive, l’opportunista attrice che non vuole farsi sfuggire il treno di una sempre gloriosa seppur tardiva notorietà, incapace di difendere la figlia, per evitare uno scandalo e quella da sempre assente perché morta di overdose a ventisette anni. Ciascuna con un ruolo sbilenco, tormentato, improvvisato, infantile, passivo o egoista. Sovraccarico a tratti di un superfluo non necessario – la ridondanza e il barocchismo almodovariano, cosi funzionalmente essenziali alla sua poetica, stanno altrove – Madres paralelas ha però la forza di una pagina che andava scritta. In una Spagna anch’essa dimentica, che non ha ancora fatto i conti con un passato nero e brutale – una dittatura sopravvissuta fino quasi ai tempi moderni – che, nella frenesia di recuperare il terreno perduto con la Storia, ha lasciato sepolti non solo i corpi delle fosse comuni ma le istanze di restituire dignità a chi quei corpi ancora li cercava, ancora li piangeva.
Elena Pacca
Madres paralelas - Pedro Almodóvar, 2021
Madres paralelas, l’ultimo film di Pedro Almodóvar, ci pone, ancora una volta, di fronte ad un cinema di donne forti, di forti passioni, di legami inscindibili fra esseri umani. Ci mostra come la vita, con la sua imprevedibilità, ci conduca verso scelte che sfidano la coerenza con noi stessi, che portano con sé il rischio di un dolore che dilania. Ma occorre scegliere da che parte stare, al cospetto di se stessi, della propria storia personale e degli eventi storici che hanno marchiato il nostro DNA.
E Almodóvar ce lo dice con tutta la potenza delle sue immagini, la bravura dei suoi attori, la forza di una umanità che si raccoglie, come nella scena finale, di fronte all’indicibile, al non rappresentabile, restituendocelo nella forza dei ricordi di una comunità che riesce a mantenere vivi i propri cari nella memoria, personale e storica, per sé e per le generazioni a venire.
Donatella Ramondetti
Ultima notte a Soho - Edgar Wright, 2021
Edgar Wright fa il botto e sforna un thriller come non se ne vedevano da anni, di un’originalità spiazzante, una regia unica ed elegante, e una soundtrack non originale anni 60 che è già culto. Luci, colori, notte e incubi in una Soho che non si dimenticherà più.
Freaks Out - Gabriele Mainetti, 2021
Servono molte più parole di un tweet per descrivere un’opera unica, e non solo nel panorama italiano, che riesce a fondere con genio il meglio dell’avventuroso americano con la dolcezza e la poesia italiana da Fellini a Monicelli. Grande soundtrack. Strepitoso.
Freaks Out - Gabriele Mainetti, 2021
Gabriele Mainetti si rivela un regista di tutto rispetto.
Dopo Lo chiamavano Jeeg Robot ci offre questo Freaks Out. Film che combina film di genere ed autoriale. Finalmente un bel film italiano che fa l’occhiolino a Fellini e Monicelli. Il circo, i supereroi, quattro poveracci dotati di superpoteri, la magia, l’illusione, con lo sfondo della deportazione degli ebrei durante il nazismo, la nascita dei primi nuclei partigiani in una Roma semidistrutta nel ’43. Un blend che nel complesso è ben amalgamato ed apre comunque il cuore alla speranza.
Tiziana Garneri
Ariaferma - Leonardo di Costanzo, 2021
A distanza di nove anni da L’intervallo, Leonardo Di Costanzo ci propone Ariaferma, purtroppo fuori concorso a Venezia 78. Con estremo rigore, ritmo asciutto e incalzante esplora l’animo umano di alcuni secondìni e carcerati in un carcere in dismissione . Superba l’interpretazione di Servillo e Silvio Orlando.
Tiziana Garneri
Dune - Denis Villeneuve, 2021
Ci sono la sontuosità, solennità e maestosità alla Villeneuve, ma è troppe volte solo contenitore e non medium per il contenuto: quando accade viene a galla il resto, che non è altrettanto sofisticato (racconto, interpreti). Cupo, graffiato da sabbia e buio, tra giallo e nero.
Qui rido io - Mario Martone, 2021
Perfetta occasione per Toni Servillo di sfoggiare ancora una maschera, Qui rido io è impeccabile per messa in scena e interpretazioni, ma sul fronte emotivo carbura bene solo nella seconda parte, quando emergono l’uomo e i suoi drammi. La metratura gli conferisce epica sul finale.
The Cathedral - Ricky D’Ambrose, 2021
Una saga familiare durante 20 anni della vita di un ragazzo.
L’interessante spunto di documentare come l’incontro con la morte incida sulla mente di un bambino in crescita viene perso per strada a causa della sovrabbondanza di elementi inutili e poco coinvolgenti e di una pesante presenza della voce fuori campo.
Sicuramente più interessanti i personaggi dei parenti, specialmente del padre, mentre il ragazzo è quasi solo un osservatore esterno, che ben poco trasmette.
Liliana Giustetto
Il collezionista di carte - Paul Schrader, 2021
Colpa, punizione, espiazione, redenzione. Tutto il cinema di Paul Schrader, come sceneggiatore e come regista, ritorna in questo film, rinvigorito da un peccato che ha macchiato l’anima di una America che non gioca più nel ruolo dei buoni. Abu Ghraib aleggia nelle immagini deformate di un incubo da cui forse nessuno potrà più uscire, mentre la trama del film si dipana fra le luci di casinò, hotel e slot machine. Luci che, se da un lato sembrano illuminare la via e promettere un rifugio nella grazia di una possibile redenzione, dall’altro – puntate verso la macchina da presa – risultano sfocate, artificiali e forse illusorie, rilanciando la domanda che percorre il film: c’è un termine alla espiazione della colpa?
Ci può essere salvezza?
Donatella Ramondetti
Amira - Mohamed Diab, 2021
Una diciassettenne palestinese costruisce le foto della sua famiglia con Photoshop.
Il padre è un eroe per il suo popolo, incarcerato per terrorismo contro Israele, il grande nemico.
Lei lo conosce soltanto attraverso le visite in carcere, insieme alla sua bellissima madre.
Finché qualcosa si incrina.
Il regista ci fa osservare la sincerità dei sentimenti contrapposta all’odio profondo e radicato, alla xenofobia innata o coltivata, pur di non tradire la causa.
In una Palestina totalmente calata nella realtà, ancora una pellicola che ci fa toccare con mano quanto sembri lontana qualunque riappacificazione. Nonostante i cuori battano allo stesso ritmo dai due lati del filo spinato.
Liliana Giustetto
Pellegrini - Laurynas Bareisa, 2021
Una autopsia dei sentimenti.
Un viaggio per ripercorrere i momenti della passione e morte di un fratello e fidanzato. Morto quattro anni prima, rapito, violentato ed ucciso.
Dove tutti, pare, sapessero.
Ed ora vanno avanti tranquilli.
Perché “loro vivono lì”.
Paulius e Indre, passano attraverso questa esperienza, ognuno, in maniera diversa.
Secco, crudo, con sentimenti soffocati ed una fotografia essenziale per non rovinare la profondità delle sensazioni trasmesse.
Liliana Giustetto
Mondocane - Alessandro Celli, 2021
Sorta di sci-fi distopico alla Mad Max in salsa tarantina, Mondocane si ritaglia il suo dignitoso spazio nel cinema “regionale” grazie a belle caratterizzazioni, un valido racconto di formazione e stile. Pecca di credibilità in testa ma recupera sulla lunghezza e vince.
Il collezionista di carte - Paul Schrader, 2021
U, S, A ! U, S, A ! U, S, A !, scandisce con forza il giocatore di poker a stelle e strisce. Ma non è solo denuncia, benché drammatica, il filo conduttore dell’opera: è, soprattutto, liberazione dalla colpa, tema più volte sondato da Paul Schrader. Ci arriva con calzanti scelte visive e musicali che accentuano cupe atmosfere noir e che, inaspettatamente, si possono trasformare in un magico incontro di mani all’ombra di un tunnel fatto di luce.
Il cieco che non voleva vedere Titanic - Teemu Nikki, 2021
Jaakko soffre di sclerosi multipla. Oltre ad essere costretto su una sedia a rotelle è anche diventato cieco.
Frequenta, telefonicamente, una donna, Sirpa, anche lei malata.
Si rende conto di amarla, soprattutto perché entrambi hanno bisogno di amore vero e le malattie rendono tutto il resto insignificante.
Un giorno in cui lei è in forte crisi per gli esiti della sua malattia, decide di andarla a trovare.
Da solo.
Jaakko è stato un cinefilo e vuole portarle il DVD di Titanic, che lui si era rifiutato di vedere e che lei ama.
Da questo momento capiamo il significato della parola libertà.
E di quanto non ci rendiamo conto di averla.
Liliana Giustetto