ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

WOMEN TALKING – IL DIRITTO DI SCEGLIERE | Così lontano può essere ancora un futuro di uguaglianza

Titolo originale: Women Talking

Regia: Sarah Polley

Anno: 2022

Produzione: Stati Uniti d’America

una recensione a cura di Liliana Giustetto

Siamo in un tempo indefinito, in un paesaggio bucolico, un gruppo di donne si riunisce in un fienile.
Da qui inizia un film che mi ha incollata alla poltrona, che mi ha fatto venire i brividi per l’emozione, che mi ha fatto battere il cuore, temere e sperare. E non si tratta di un thriller, è una sorta di rappresentazione teatrale, statica e riflessiva: sarebbe facile definirla noiosa, tutto dipende dal grado di immedesimazione e di empatia che si crea nello spettatore.

In una comunità religiosa mennonita, dove la vita è scandita dai ritmi della natura, del puro sostentamento e della preghiera, molte donne, di età diverse, si sono svegliate al mattino, ripetutamente, con segni di violenza. Ma non sanno spiegarsi il fatto.
Infine uomo viene colto mentre fugge da una finestra e si scopre che erano tanti gli uomini, della comunità stessa, ad aver partecipato a questi massacri; cosi vengono tutti allontanati dal villaggio.
Le donne, per la prima volta, indicono una votazione per decidere tra tre opzioni:
-perdonare
-rimanere e lottare
-partire.
Il gruppo di donne selezionato deve decidere tra le opzioni vincenti, per il futuro di tutte, e hanno ventiquattro ore di tempo.

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Una fotografia limpida ma con una gamma di colori spenti, gli abiti fuori dal tempo, la dialettica ricca di un frasario classico e morigerato, la mancanza di elementi connotanti un’epoca ci possono far pensare ad un momento qualsiasi nel passato.

La particolare dottrina mennonita, che è la più grande chiesa anabattista, predica la non violenza e il pacifismo, la sobrietà e la carità. Rifugge il lusso e relega le donne in ruoli subalterni e all’analfabetismo.

Il confronto di opinioni tra le donne è vivace ma rispettoso, le giovani ferite ed oltraggiate, le anziane spaventate e preoccupate. Ammirevole lo scambio di battute per portare fiamme al fuoco della propria ragione, dove tanto dolore è ancora vivo ma la paura per il futuro è maggiore.
Tra questioni di fede da rispettare per poter essere a loro volta perdonate dagli anziani e fatti pratici da risolvere.
E i figli maschi e i fratelli? Che ne sarà dei legami famigliari o come si eviteranno altri soprusi o violenze? Alcune hanno ancora evidenti sul corpo i segni di quanto hanno subito, altre hanno segni indelebili nella psiche, c’è chi è gravida e chi non ha retto.

Unico uomo ammesso alla riunione è August, il maestro dei bambini, con il compito di redigere il verbale dell’assemblea,

Vediamo ragazzine, amiche da sempre, che intrecciano i capelli tra di loro come per rinsaldare l’affetto e l’unione, madri che si scusano con le figlie per non averle difese ed aiutate, tutto in un abbraccio caldo, sincero e consolatorio.

Una decisione verrà presa, dolorosa ma unitaria.
Non è facile cambiare le cose.
E noi restiamo lì, con il fiato sospeso, a sperare per quelle donne, che avrebbero potuto essere una qualunque di noi.
Quasi unico scenario, il vecchio granaio di legno, chiuso tutto intorno con vecchie assi e travi cigolanti. Ma fornito di ampie finestre, che, quando spalancate, fanno entrare tutta la luce del sole o il bagliore delle stelle.

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Come l’ambiente interiore di quelle donne robuste e forti, che vedono due prospettive. La protezione della comunità, che è l’unica dimora che abbiano mai conosciuto, o la luce dalla libertà che non hanno mai assaporato.
Le donne, analfabete e sottomesse, fanno, nel fienile, il loro primo atto di rivoluzione: decidere di prendere in mano il proprio destino. August ne è il testimone e complice, grazie a quei verbali può raccontare la loro storia.

Un film di una donna sulle donne, ben diverso da qualsiasi film sul femminismo o sui diritti sociali delle donne.
Un film principalmente sull’umanità, sulla femminilità, sulla maternità e il supporto che le donne sanno offrirsi nel bisogno e nel pericolo.

Le immagini non ci mostrano mai le violenze ma solo i risultati di queste, i dialoghi non entrano nello specifico delle personali esperienze.

Bravissime tutte le attrici, ho apprezzato particolarmente quelle che hanno interpretato le matriarche. Frances McDormand si è riservata un ruolo difficile, di matriarca che porta a sua volta i segni evidenti della violenza ma che non accetta neppure di parlare di un cambiamento.

Cit.: “Nessuna di noi ha mai potuto rivolgere una sola richiesta ad un uomo. Neppure di passare una saliera

La pellicola è l’adattamento cinematografico del romanzo “Donne che parlano” di Miriam Toews (2018), a sua volta liberamente tratto da fatti avvenuti nella colonia Manitoba in Bolivia.

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