ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

[TFF41] SOLEILS ATIKAMEKW | Morte e cancellazione di una nazione

Regia: Chloé Leriche
Anno: 2023
Produzione: Canada

una recensione a cura di Chiara Lepschy e Giuseppe Minerva

Il film della regista canadese Chloé Leriche narra una vicenda accaduta nel 1977. Nella comunità indiana Atikamekw del Quebec sud-occidentale, cinque indiani furono trovati morti nelle acque di un lago chiusi in un furgone, dopo che la sera prima erano usciti a bere e divertirsi in compagnia di due bianchi. Questi ultimi riuscirono a uscire dal mezzo e salvarsi ma denunciarono l’accaduto solo con molte ore di ritardo.
L’indagine fu condotta in modo frettoloso: non venne fatta l’autopsia e fu ignorata una serie di eventi che facevano pensare a un differente sviluppo della vicenda. I corpi, infatti, non presentavano il rigonfiamento tipico dei casi di annegamento e c’erano evidenti segni di violenza sui corpi. Sull’accaduto non verrà mai fatta luce nonostante le richieste della comunità indiana; solo nel 2016 il caso venne riaperto ma senza arrivare a nulla di concreto, anche perché alcune testimonianze non erano più reperibili.
Il film si presenta a metà tra documentario e film di finzione: viene dichiarato in premessa che si
presentano i sogni, le ipotesi e i ricordi dei parenti delle vittime che compaiono nel film e ne costituiscono la voce narrante. Il pregio dell’opera è quello di mettere in evidenza i soprusi di cui sono state vittima le comunità native anche dopo la fine delle guerre indiane. È automatico pensare al recente Killers of the Flower Moon, di Scorsese, il film più blasonato e il più vicino a noi fra quelli che negli ultimi anni altri hanno ripreso e approfondito il tema dell’odierna vita dei nativi americani.
Nonostante l’interessante tentativo di rimanere a metà tra storia e finzione e di inserire poeticamente elementi della spiritualità indiana, il film fatica a trovare una sua dimensione e il ritmo risulta lento e non così incisivo, ben diverso – ad esempio – dal risultato raggiunto da Chloé Zhao in The Rider, anch’esso caratterizzato dalla coesistenza di documentario e finzione.

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